Sisouan ou lArméno-Cilicie

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  Comparaison des Poids, Mesures et Monnaies d'Ayas.

D'après ce que nous venons de dire jusqu'à présent, on a pu se faire une idée de l'importance qu'eut Ayas pour le commerce depuis le milieu du XIII e siècle jusqu'au milieu du XIV e. Mais pour rendre plus palpable cette assertion, je crois à propos de rappeler ici tout ce que Balducci Pegolotti, le procureur des Compagnies de trafic de Florence, écrit dans son traité de commerce, au chap. XI, qui traite des années 1336 à 1340, lorsque le commerce d'Ayas, par terre et par mer, commençait à s'affaiblir, à cause des invasions incessantes des Egyptiens. Nous allons en donner le texte italien comme un précieux document et souvenir d'Ayas, précieux surtout pour l'étude de comparaison et de vérification des mesures et des poids des diverses villes avec lesquelles les Arméniens étaient en relations commerciales. Ensuite, je dresserai la liste des poids et des mesures d'Ayas, comparés avec ceux du système décimal actuel.

ERMENIA

Ermenia per se medesimo, cioè in Lajazzo d'Ermenia, ove si fa il forzo della mercatanzia, perchè ene alla marina, ed ivi dimorano del continovo i resedenti mercatanti.

Pepe, e Gengiovo, e zucchero, e cannella, e incenso, e verzino, e lacca, e cotone, e tutte spezierie grosse, e ferro, e rame, e stagno, tutte si vendono in Ermenia a Ruotoli d'Occhia 15 per uno ruotolo, e di ruotoli 33 per uno Catars d'Erminia.

Sete, e tutte spezie sottile vi si vendono a occhia di occhie 12 per uno ruotolo, e chiamasi Occhia della piazza.

Oro si vende a Pesi, che gli 50 pesi fanno 1 Mars d'Erminia.

Argento si vende a mars, ch'è 50 pesi.

Pelle si vendono a peso del marchio, e dassi 40 de'detti pesi per una ara grande di pelle.

Tele line, e canovacci si vendono a centinajo di Canne, e a pregio di tanti Bisanti e Denari: 10 Taccolini per bisante.

Sapone, e lana, e ciambellotti si vendono a Ruotoli, d'occhie 15 per uno ruotolo.

Biado si vende all'Ajazzo in Erminia a Moggio, e a Marzapanni, cioè in grosso, e a moggio a minuto a marzapanni, e gli 10 marzapanni fanno 1 moggio.

Seta chermisi si vende a occhia ch'è pesi 110 di diremo.

Zafferano si Vende a occhia, ch'è pesi 112 di diremo.

Olio si vende a botte tale come ella ene.

Il bisante di Romania si conta 10 Taccolini d'argento, e il taccolino vale Denari 10 d'Erminia, e il denaro vale 4 Folleri.

Quello, che la Zecca d'Erminia da dello Mars dell'argento a chi il mette nella detta Zecca.

Di Sardesco.... taccolini 114, denari 1.

Di piatte della Bolla di Vinegia, taccolini 113 e denari 1.

A lega di Tornesi grossi, taccolini 111.

A lega di Gigliati taccolini 110 e denari 5.

Di Bracciali, cioè Buenmini, taccolini 109 e denari 2.

Di Sterlini, taccolini 109, denari 5.

Di verghe della bolle di Genova, taccolini 109, denari 5.

Di verghe della bolla di Vinegia, taccolini 109, denari 5.

Di Raonesi d'argento di Cicilia, taccolini 109, denari 5.

Batte la detta Zecca una moneta d'argento, che si chiama taccolini, che sono di lega d'once 8 di argento fine per libbra, e vannone per marchio come escono della Zecca, 91 de'detti taccolini a conto.

Diritto di mercanzia, che si paga in Erminia.

Genovesi, e Viniziani sono franchi, e Ciciliani, che non pagano niente, traendo, uscendo, salvo di Mars, che si pesasse, pagano uno per cento di pesaggio.

La compagnia de'Bardi è franca, che non pagano niente per tutto lo reame d'Erminia traendo, uscendo, per nulla detta, rappresaglia, che Fiorentini, od altre gente di che lingua si fussino non puote, dee essere detto niente, in avere, in persona della detta compagnia, se non fusse per propria detta, o per proprio misfatto della detta compagnia. E di ci ò hanno Privilegio con suggello d'oro pendente del suggello del Re d'Erminia dato in Erminia a di 10 del mese di gennajo, anno della natività del nostro Signore Gesù Cristo 1335; la quale franchigia per la detta Compagnia, la procacci ò Francesco Balducci, essendo nel detto tempo a Cipri per la detta Compagnia.

Pisani pagano 2 per cento entrando, e 2 per cento uscendo, di ci ò che vale la mercatanzia.

La Compagnia de'Peruzzi di Firenze, e Catalani, e Provenziali pagano 2 per cento traendo, e 2 per cento uscendo.

E tutte altre maniere di gente pagano 4 per cento entrando, e 4 per cento uscendo.

Come i Pesi, e le Misure d'Erminia tornano in diverse terre, e quelle con Erminia, e primieramente con Vinegia.

Ruotoli 1 di Spezierie d'Erminia, torna in Vinegia libbre 20, e once 3 e 1/4 sottili. Ruotoli 49 di Cotone d'Erminia tornano in Vinegia libbre 9 sottili. Occhia 1 di Seta, e di Spezierie sottile d'Erminia torna in Vinegia libbre 1 e once 4 sottili. Il migliaio grosso di Vinegia torna in Erminia ruotoli 76 in 78, o vuogli Catars 20 1 / 2 d'Erminia. Mars cento dars al peso di Vinegia, fa in Erminia mars 106 1 /2. Braccia 315 di tele line alla misura di Vinegia, torna in Erminia Canne 100. Libbre 11 sottile di Vinegia tornano all'Ajazzo d'Erminia libbre 10. Costano le mercatanzie a conducere da Vinegia in Erminia, e d'Armenia a Vinegia per nolo di Comune ordinato per lo comune di Vinegia in Galee armate, come dirà qui a piede, e diviserà inanzi a una carta. Tele grosse, e Canovacci per soldi 6 di grossi dars di Vinegia alla balla, a peso 350 al peso grosso di Vinegia. Panni lani sottili, panni lini sottili soldi 6 di grossi dars la balla di peso libbre 260 al peso grosso di Vinegia. Rame, e Stagno, e Ferro soldi 6 di grossi dars il migliajo grosso di Vinegia. Argenti in pezzi 1 per cento. Oro filato, Argento filato, e altre simile cose dee avere di casse 3 per cento. Tutte spezierie soldi 13 di grossi dars del migliajo sottile. Cotone soldi 13 di grossi dars del migliajo sottile.

Ciambellotti 2 per cento in Galee armate, in legno disarmato 1 1 / 2 per cento.

Zucchero soldi 10 di grossi dars del migliajo sottile.

 

Con Genova.

 

Ruotoli 1 di spezieria al peso d'Erminia, torna in Genova libbre 20. Libbre 5 d'argento al peso di Genova, fae in Erminia mars 7. Ruotoli 7 1 / 2 d'Erminia fanno in Genova Catars 1.

 

Con Nimissi, e con Monpolieri.

Ruotoli 20 di Lajazzo d'Erminia fanno in Nimissi e in Monpolieri cariche 72, e Ruotoli 6. Occhie 8 di Lajazzo fanno in Nimissi e in Monpolieri Catars uno. Mars uno d'argento al peso di Nimissi e di Monpolieri torna in Lajazzo mars uno e Ster. 3. Ruotoli 1 di Lajazzo, torna in Nimissi libbre 15 grosse. Occhie una di Lajazzo grosse a chi si vende spezierie sottili, fae in Nimissi libbre una, e once 3 sottili di Nimissi. Occhie una di Lajazzo sottile, a che si vende seta toma in Nimissi libbre una grossa. Pesi 55 di Lajazzo a chi si vende le perelle fanno in Nimissi mars uno.

Con Majolica.

Ruotoli 21 meno un quarto d'Erminia, fae in Majolica carica una. Mars 1 dars al peso di Majolica torna in Lajazzo mars 1 e Starlini 3.

Erminia con Sibilia di Spagna.

Ruotoli 9 e un quarto d'Erminia di spezierie fanno a Sibilia catars uno. Cafisso uno di biado alla misura di Sibilia fae a Lajazzo di Erminia moggia 3, e marzapani 8. E i 10 Marzapani per uno moggio d'Erminia.

Con Bruggia di Fiandra.

Ruotoli uno d'Erminia di spezieria fae in Bruggia libbre 14. Marchi uno d'argento al peso di Bruggia, fae a Lajazzo in Erminia once 6 e Ster. 13.

Con Londra d'Inghilterra.

Ruotoli 8 d'Erminia fanno a Londra una centina, che si vende la Spezieria, che è libbre 104 di Londra. Il centinaio dello Stagno a che si vende lo stagno in Londra che è libbre 112 di Londra, fae in Lajazzo d'Erminia Ruotoli 9 e due terzi di Ruotolo.

Con Puglia.

Ruotoli 1 di Spezieria d'Erminia, fae in Puglia libbre 17 e once 1 e mezzo. Salme cento di Formento di Puglia fanno in Lajazzo moggia 188. Mars 1 d'argento al peso di Puglia fae in Lajazzo d'Erminia mars 1 e starlini 7.

Con Messina di Cicilia.

Ruotoli 1 di Spezieria al peso d'Erminia, fae in Messina e in Palermo, e per tutta Cicilia Ruotoli 7 e libbre 1 e once 1, d'once 12 per una libbra, e di libbre 2 e mezzo per 1 ruotolo generale di Cicilia. Marz 1 d'argento al peso di Messina, fae in Lajazzo d'Erminia mars 1, starlini 7. Salme cento alla misura generale di Cicilia, fanno in Lajazzo d'Erminia moggia 198.

Erminia con Salvastro (Sebaste) di Turchia.

Ruotoli 75 di Lajazzo fanno a Salvastro Ruotoli cento. Mars 1 d'argento al peso di Lajazzo fae a Salvastro... Salme cento di Formento alla misura di Salvastro fanno a Lajazzo...

Colla Camera di Creti.

Colle Fiere di Campagna di Francia.

Con Londra d'Inghilterra.

Torisi coll'Ajazzo d'Erminia.

Mene cento di Spezierie di Torisi fanno in Lajazzo Ruotoli 15. Mene uno di Seta di Torisi fae in Lajazzo once 3 3 / 4 d'occhia, e d'occhie 12 per uno Ruotolo di Lajazzo. Marchi uno d'ariento al peso di Lajazzo fae in Torisi saggi 52.

A cri con Lajazzo d'Erminia.

Moggia 5 di Formento alla misura di Lajazzo fanno in Acri moggia 3. Cantaro 1 d'Acri fae in Lajazzo di spezeria ruotoli 37.

Famagosta con Lajazzo d'Erminia.

Cantaro uno di Famagosta fae a Lajazzo ruotoli 37. Mar. 1 d'argento al peso di Famagosta fae in Lajazzo mar. 1. Cafissi 3 e un terzo di biado alla misura di Cipri, fanno in Lajazzo uno marzapane, di 10 marzapani per un moggio di Lajazzo.

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Liste des poids et Mesures d'Ayas comparés avec les poids et mesures du système décimal.

Once [1] , Ունկի Grammes: 25, 102

Drachme ou direm, Տրամ, 1 / 10

d'once 2, 510

Dank, Դանկ 1 / 4 de drachme. » 0, 627

Coude, Կուտ, 1 / 4 du Dank. » 0, 156

Grain(de blé), Գարեհատ, 1 / 4 du Coude, 0, 039

Drachme, 1 / 12 de Vakia  » 3, 651

Litre [2] , Լիտր, ou Լիպրա,   » 331, 356

Vakia, Վաքիա, (oque) ou grande

once, 1 / 12 du rotole . » 527, 910

Vakia petite, 1 / 15 du rotole » 422, 333

Rotole, Րոտլ, Ըռիտլ, petit. » 4, 820

Rotole grand, 15 Vakias. . » 6, 335

Quintal, Կենդինար, 33 grands

rotoles » 209, 055

Marc, Մարկ, d'argent, . . » 226, 250

Pesus drachme, Դրամակշիռ, 1 / 50 de Marc . . . .  » 4, 525

Modus, Մոդ, (10 Marzbans). Litres 129, 407

Marzban, Մարզպան, 1 / 10 de modus. » 12, 940

Kilag, Քիլակ, Kor, Քոռ, 1 / 6 de

Marzban » 2, 157

Canne de laine, Եղէգ,  Mètres 2, 153

Canne de Soie » 2, 012

Les mesures pour le bois sont indiquées dans les édits commerciaux de nos rois par perches, Պարզունակ parzounag, (pertica) et filakh, Ֆիլախ, en latin jancono, qui semble le Կանգուն, cangoun arménien. Il y avait aussi le Double filakh. J'en ignore la valeur, aussi que celle des mesures de distance que l'on rencontre dans les itinéraires de Sissouan.

Monnaies arméniennes de Sissouan.

La connaissance des différentes espèces de monnaies en usage chez les Arméniens de Sissouan et de leur valeur nous semble non moins intéressante et même plus utile que la comparaison des poids et mesures d'Ayas avec ceux des autres pays, car c'est par le moyen de ces monnaies que s'effectuaient toutes les transactions commerciales d'Ayas, soit entre gens du pays, soit avec les étrangers de toutes langues. Ce que nous avons cité de Pegolotti a déjà fait connaître quelques-unes des monnaies arméniennes et leur valeur comparée avec les monnaies étrangères. Malgré cela, ce que nous allons entreprendre est bien difficile; car nous voulons les comparer avec les monnaies du système décimal actuel. Nous rapporterons donc ce que nous avons trouvé dans les archives, dans les manuscrits, dans les actes et les feuilles de compte des trafiquants génois et vénitiens, à propos des monnaies de Sissouan et de leur valeur à cette époque, exposant ce que nous avons pu en déduire et laissant aux chercheurs plus actifs et plus savants l'achèvement de cette étude.

Avant que le faible domaine des Roupiniens ne fût devenu un royaume, les monnaies les plus répandues en Cilicie, ainsi que dans la majeure partie de 1'Asie occidentale et même en Afrique, étaient celles des Byzantins et des Sarrasins. Lorsque nos souverains de la Cilicie prirent la liberté de battre monnaie à leur nom et effigie, et de leur donner cours forcé, ils imitèrent autant que possible les pièces alors en usage. Nous ne savons pas encore au juste quel fut le premier parmi eux qui accomplit cette œuvre que les rois de la Grande Arménie, leurs ancêtres, n'avaient point osé tenter dans leur royaume, eux qui appartenaient pourtant à une bien plus grande et bien plus puissante dynastie; car nous ne savons pas qu'ils aient jamais battu monnaie. Si l'on retrouve des pièces Arsacides de Tigrane et de son fils Artavazde, ou d'autres princes de la même dynastie, ce sont des pièces d'argent et de bronze, leur légende n'est pas en arménien, et le nom de l' Arménie n'y figure même pas. On n'a pas retrouvé de monnaies propres aux Bakratides, si ce n'est toutefois une pièce en bronze, portant cette légende arménienne: Տր ոգնէ Կորիկի կորա ... Ա ...   Seigneur, protège Coricos Cura.... I... On ne pourrait dire à quel Coricos cette légende fait allusion. Est-ce à un roi Arméno-Géorgien ou à un Curopalate?

Il est fort probable que les ancêtres de Léon le Grand aient battu monnaie dans leur nouvel état. Un de nos derniers historiens, dit à propos de Constantin, fils de Roupin: «il fut nommé roi et battit monnaie»: cependant, jusqu'à présent, on n'a pas retrouvé parmi toutes les monnaies de son époque, une seule pièce qui portât son nom. Son fils Thoros I er, ou son petit-fils Thoros II, aura sans doute fait frapper la monnaie de bronze qui porte la légende: « Թորոսի է ՌԲ £ c' est de Thoros Rp », c'est-à-dire des Roupiniens. (p. 452- Monnaie du Baron Thoros) Le revers de cette pièce présente divers signes mystérieux et des lettres grecques. La monnaie de bronze que nous reproduisons ci-dessous, est peut-être plus ancienne encore; elle ne porte aucun nom, mais on y lit cette légende qui commence sur l'une des faces et se continue sur l'autre: « Շնորհաւքն Այ է։   c'est par la grâce de Dieu »; (p. 452- Ancienne monnaie Roupinienne) au centre est représentée une porte, peut-être la porte de la ville d'Anazarbe que le brave Thoros laissa à la garde de ses soldats contre les ennemis, tandis que lui entrait dans la ville et en sortait par une brèche qu'il avait fait pratiquer de l'autre côté dans les murs d'enceinte. C'est peut-être aussi une allusion à la forteresse de Vahga, que Constantin surprit par la ruse et dont il fit sa capitale. Nous verrons plus tard quelle fut la première monnaie du fortuné Léon, qui la fit frapper avant même d'être roi. Quant aux monnaies qu'il battit pendant son règne, on en retrouve en or, en argent et en bronze.

La pièce d' or appelée communément Dahécan, ou Décan ( դահեկան ), et aussi կարմիր, à cause de sa couleur rouge, parut d'abord avec le nom de Léon; elle était d'or pur et d'assez grand format, telle que la représente le N. ° 1 de la planche ci-contre; elle pesait sept grammes, donc un peu plus que la pièce d'or de Napoléon, qui pèse 6, 452 grammes; sa valeur était de vingt et un francs. Elle égalait l' aureus des Romains, mais celui des premières années de l'ère chrétienne; car l'aureus s'éleva plus tard jusqu'à vingt-cinq francs et garda cette valeur jusqu'au temps de l'empereur Valérien, puis il redescendit et finit par ne valoir que 15, 50; il prit alors le nom de solidus (aureus), d'où la dénomination des nouvelles monnaies, soldo, sol et sou. Sous les empereurs de Byzance, cette pièce d'or diminua encore de valeur et au XII e siècle elle ne fut plus que de 12 francs. On l'appela alors Bisantius du nom de la capitale, d'où ce nom Byzantin, Bisanti, Besant; elle s'étendit partout, dans les pays étrangers et même chez les Arabes qui donnèrent aussi ce nom à leurs pièces d'or. Mais il fallut bientôt distinguer par des épithètes les pièces de ces différents pays.

La première fut appelée besant des Grecs, ou encore, η ̉ περπερος, hyperperus, hyperpre, perperus, yperperi, etc, passé par le feu. C'est ce mot que notre Connétable Sempad, dans son livre des lois, Chap. I er, écrit Berberad, Պարպեռատ.

Le Besant Sarrasin était égale en poids et en valeur à celui des Grecs. Les Arabes l'appelaient Dinar دنار. Les Occidentaux qui sous le nom général de Sarrasins comprenaient les Arabes, les Turcs, les Seldjoukides, les Egyptiens et, enfin, tous les mahométans qui habitaient la Syrie, donnèrent aussi à leurs pièces d'or l'épithète générale de sarrasines: Bisantius-Sarracinus. Cependant il y avait une différence dans le poids et la valeur des pièces de ces divers royaumes. La plus grande était celle des Califes de Damas; elle s'appelait Eyoubi, et pesait 4, 54 gr. et valait 15 francs. Celle des Egyptiens ou d'Alexandrie, appelée Fatimi, était réputée la plus fine; elle pesait 4, 10 gr. et valait 14 francs. La plus petite était celle de la Syrie qui pesait 3, 93 gr. et valait 12 francs; on l'appelait encore Soury, du nom de la ville de Sour, ou Dzour, ou Tyr des anciens. Mais cette dernière pièce doit avoir eu le même poids et la même valeur que celle d'Egypte, à moins que celle-ci n'ait été appelée aussi soury, pendant un certain temps, car notre Connétable Sempad affirme, dans ses Assises, que le dégan d' Andak, ( Դեկան անտաքցի, la pièce d'or d' Antioche), avait la valeur de la Rouge de Soury, Կարմիր Սուրի; et, de nos jours, des recherches nouvelles ont prouvé que la petite pièce d'or d'Antioche valait 7 francs; c'est précisément la valeur de la demi-fatimi. (p. 452-453[nerdir] - Monnaies Arméniennes des Rois Sisouan)

Il fallut aussi que les monnaies des Croisés occidentaux, quand ceux-ci se furent fixés en Orient, correspondissent aux monnaies grecques et sarrasines répandues partout. Il n'y a pas lieu de s'étonner s'ils s'y sont pris pour cela; mais ce qui est plus singulier et qu'on ne s'imaginerait guère, c'est que les Croisés ne donnèrent pas seulement à leurs pièces la valeur et le format de celles des Sarrasins, mais ils y firent graver en lettres arabes des légendes arabes et musulmanes; ce n'est que par exception qu'ils y mirent quelque signe rappelant leur religion. Ils ne firent pour distinguer leur monnaie de celle des Sarrasins qu'employer le mot sarrasin non pas substantivement mais adjectivement: Bizantius sarracinatus, Sarracinas, Sarrazinats, Sarcenats, etc. Cette similitude des monnaies était bien commode pour le commerce avec ces orientaux; mais cette concession parut peu chrétienne aux gens scrupuleux, qui anathémati-sèrent ceux qui avaient fait frapper ces pièces à Tyr, à Tripoli et principalement à Ptolémaïs ou Saint-Jean d'Acre. Ce ne fut que bien plus tard, vers le milieu du XIII e siècle, lorsque saint Louis se rendit en Syrie, qu'il fit graver des légendes et des figures chrétiennes sur les monnaies, mais en conservant toujours néanmoins les lettres arabes; et cette coutume se perpétua jusqu'à l'effondrement de tous les royaumes chrétiens de la Syrie, c'est-à-dire jusqu'à la fin du XIII e siècle.

Parmi les Besants-sarcenats des chrétiens, le plus fin et le plus en cours était celui de Saint-Jean d'Acre. Il était plus petit que le vrai Sarrasin: il ne pesait que 3, 45 ou 3, 50 gr. et sa valeur variait légèrement entre 8 francs 43 ou 8 francs 90 et même 9 francs; car un écrivain rapporte que deux de ces besants équivalaient à une livre tournois. Or cette livre est reconnue valoir aujourd'hui 18 francs.

C'est avec ces deux monnaies fort peu différentes entre elles, les besants sarrasins et les besants sarcinats que s'effectuèrent tous les payements dans l'Asie occidentale pendant deux siècles. Les marchands d'Italie y introduisirent les premiers une nouvelle monnaie d'or. D'abord les Génois, au milieu du XII e siècle appelèrent leur lira: januinus, genuine; ensuite, les Toscans ou les Florentins, au milieu du XIII e siècle, nommèrent leur or pur: florins, fiorini; et, plus tard, en 1284, les Vénitiens désignèrent sous les noms de ducat d'or, (ducato d'oro), de sequin, (zecchino), l'or pur et fin qu'ils conservèrent jusqu'à la fin, et bientôt ces pièces furent les plus répandues dans le commerce. Après plus de 600 ans, on en retrouve encore en Orient qui servent de parure aux dames. Leur poids était de 3 gr. 452 et leur valeur ordinaire de 12 fr., égale à celle du florin d'or. Vers la fin du XVIIIe siècle, lors de la suppression de la République de Venise, le sequin valait 11 francs 89, de nos jours quelques-uns lui donnent une valeur de 12, 60 et d'autres, de 13 francs [3] .

Avec la pièce d'or de Léon dont je viens de parler, je connais encore d'autres petites pièces, dont 1'une porte le nom du roi Constantin (on en trouvera la reproduction ci-après). Elle a été frappée vers le milieu du XIV e siècle; son poids de 3, 600 gr., ainsi que la pureté du métal, permettent de supposer qu'on a voulu la rendre égale au ducat et au florin; l'imitation est assez bien réussie. L'autre, plus grande, (voir le n. ° 2 de la pl. ci-contre), porte le nom de Léon, probablement de Léon II, fils de Héthoum I er; elle se trouve actuellement dans la collection du savant numismate Schlumberger et pèse, selon ce qu'il a écrit dans les Archives de l'Orient latin (I, 678): 4, 80 gr. et vaut près de 15 francs. Elle égalait donc en valeur l'eyoubite sarrasin, et surpassait même quelque peu cette dernière pièce d'or.

Voici tout ce que nous pouvons dire sur la valeur et le poids des monnaies de Sissouan. Quant aux légendes qu'on y lit et aux figures qu'elles portent, elles diffèrent tout à fait des pièces dites besants-sarrasins; elles se rapprochent plutôt, mais bien peu, des besants grecs. Léon le Grand paraît avoir voulu imiter les Allemands, de l'empereur desquels il avait reçu la couronne royale; car dans leurs monnaies de cette époque on remarque les mêmes figures: c'est-à-dire un lion qui tient dans ses pattes un globe surmonté d'une croix et un sceptre surmonté d'une fleur de lys. Presque toutes les monnaies d'argent de Léon reproduisent ce même type, (voir les n. ° 4 et 5 de la pl. ). Il n'y a que très peu de pièces qui représentent ce roi à genoux, pour recevoir de Jésus-Christ la couronne (n. ° 3). Ces monnaies furent battues au commencement de son règne. La même effigie se retrouve encore sur les monnaies des autres souverains presque contemporains, comme sur celles des Vénitiens. Sur le revers de la pièce on voit la figure de deux lions debout ayant au milieu d'eux une croix placée sur une longue hampe; on y voit aussi un lion en marche, tenant dans sa patte une croix qui lui repose sur l'épaule. Ce dernier type se retrouve sur le sceau même de Léon et sur les monnaies de son petit-fils Léon II (voir les n. ° 2 et 9).

Je crois que le type de la face de ces monnaies a été recopié par les souverains turcs voisins de Léon, tels que les sultans de Saroukhan, de Méntéché et de Aïdin, au XIV e siècle. On retrouve, sur les monnaies de ces derniers, le trône, la couronne et les emblèmes que le roi tient dans ses mains: cependant le revers des monnaies de ces mêmes princes ressemble plutôt aux pièces dites gigliati des Napolitains. Henri II, roi de Chypre, imita aussi les Arméniens, à son retour de Lambroun ou de Partzerpert, il avait été emprisonné par eux sous le règne d'Ochine; avant lui ce type arménien ne se rencontre pas sur les monnaies de Chypre.

La légende de la face des monnaies de Sissouan se compose généralement du nom du Roi; par exemple: Léon, roi des Arméniens, ( Լեւոն թագաւոր Հայոց ). Il y en a quelques-unes qui portent: de tous les Arméniens, ամենայն Հայոց. Ce sont celles de Léon I er, et de Léon II. Au revers, les plus anciennes portent: par la puissance de Dieu, Կարողութեամբն Աստուծոյ [4] ; mais après Léon le Grand, on trouve souvent: fabriqué dans la ville de Sis ou à Sis, Շինեալ (ou շինած ) ի քաղաքն Սիս ou ի Սիս; très rarement au lieu de fabriqué, il est dit métaphoriquement, հատեալ coupée (frappée); comme dans cette pièce ci-dessous la légende de la face est au génitif: de Léon roi des Arméniens, ( Լեւոնի թագաւորի Հայոց ). (p. 454- Monnaie de Léon, roi des Arméniens) Le premier mot de la légende du revers est quelquefois au nominatif: ( Կարողութիւն, puissance ou Կարողութիւնն Աստուծոյ է, la puissance, est de Dieu. Mais dans la monnaie d'or de Constantin, la légende est tout à fait nouvelle: Կարողութեամբն Աստուծոյ թագաւոր par la puissance de Dieu, Roi. (p. 454- Monnaie de Léon II) Ici il faut remarquer que cette monnaie a été battue dans un autre hôtel de la monnaie, comme l'indique le reste de l'inscription: Շինեալ ի քաղաքն Տար(սոն),  faite dans la ville de Tar(se) [5] . Il faut remarquer encore une adjonction aussi rare que l'effigie de cette monnaie de Léon II; la voici: Շինեալ ի քաղաքն Սիս ի փառս Աստուծոյ,   fabriquée dans la ville de Sis, à la gloire de Dieu.

Il n'y a pas, je crois, de date exacte sur les monnaies de Sissouan; celles qu'on y trouve, par exemple celle-ci: գճլգ, 333 (?), non seulement ne signifient rien, mais n'existent que sur les monnaies fausses dont nous possédons quelques échantillons. Nous possédons aussi une grande monnaie de bronze doré (N°. 13), mais elle paraît être une contrefaçon, ou avoir été fabriquée par quelque artiste qui n'a suivi que son inspiration.

Nous avons eu soin de conserver, dans nos reproductions, la forme des lettres et des doubles lettres et les fautes qui sont dans les légendes. Nous mettons ci-dessous, pour qu'on puisse les voir dans un coup d'œil, toutes les légendes qui se lisent sur ces différentes pièces de monnaies [6] .

Les monnaies d'argent de Léon ont la même face que celles d'or; celles de ses successeurs varient. Les plus remarquables sont les monnaies de Héthoum I er dont quelques-unes portent, avec son effigie, celle de son épouse Zabel, comme vraie héritière de Léon I er. D'autres pièces du même temps portent à la face l'effigie de Héthoum et, au revers, la légende en arabe du sultan d'Iconium: « El sultan-el-Azim-Ghïat-ed-duniay-ve-eddin-Kei-Khosrou-ben Kykobad ».

السلطان الاعظم

غيات الدنيا و الدين

كيخسرو بن كيقباد

Ce qui veut dire, Le grand sultan, le refuge de la terre et de la foi, Keikhosrov, fils de Keïkobad, suivie de la date de l'ère musulmane: 636-641, (1240-1245, de l'ère vulgaire). A cette époque, un traité de paix et d'alliance avait été conclu entre les deux royaumes limitrophes, mais il fut rompu en 1245; la paix fut rétablie sous la suzeraineté des Tartares.

Ainsi que dans les monnaies étrangères, on rencontre aussi quelquefois dans les nôtres, un cercle qui en fait le tour. (p. 455- Monnaie avec cercle pointillé) Toutes les monnaies d'argent de Sissouan que nous appelons dram, դրամ, sont presque de la même grandeur. Les mieux conservées pèsent 2 g. 900 et valent, selon ce poids, 0, 60 centimes; celles des derniers rois du XIV e siècle, contiennent moins d'argent pur et sont mal frappées. On pourrait les classer parmi les pièces de billon.

Comme les monnaies d'argent ou de billon étaient les plus employées et qu'on les trouve très souvent citées dans les actes du XIII e siècle, il importe d'en préciser la valeur. Nous pouvons nous baser pour cela sur ce qui a été dit, par Héthoum lui-même, dans un acte écrit en français, l'an 1252, acte qu'il fit dresser lors du mariage de sa fille avec Julien, seigneur de Sidon, auquel il promettait une dot de vingt-cinq mille besants sarrasins aux poids et cours d'Acre [7] . Nous avons vu plus haut que le besant de cette ville pesait 3, 300 gr., et valait près de 9 francs; or, notre roi Héthoum qui en parle, compare ce besant avec la pièce arménienne qui était plus petite et ne valait que le quart de cette pièce: « Quatre besans de nos Staurats por un besans Sarrazinas, al pois d'Acre ». Ce passage nous apprend aussi que le besant arménien s'appelait Staurat, (croisé). Nous voyons en effet la croix figurer sous diverses formes sur les monnaies arméniennes, ainsi qu'on le voit également sur presque toutes les monnaies chrétiennes de ce temps-là. Comme les leurs, les nôtres s'appelaient aussi besants: Bisantios Sarracinales Armenie, et Bissantios Stauratos. Dans un privilège de Léon II aux Génois en 1288, au lieu d'écrire le mot besant on a tracé ce signe. . j., que l'ancienne traduction latine a changé en bissancios stauratos. Mais nos chroniqueurs sont muets sur ce qu'il nous importerait le plus de savoir, c'est-à-dire la nature du métal employé pour ce besant qui valait environ fr. 2, 25 ou un peu plus que celui d'Acre. Il devait être d'argent, car autrement la pièce eut été trop grosse; et, d'ailleurs, tous les besants contenaient de l'or, même celui de Chypre qui s'appelait Bysantius albus, besant blanc, parce qu'il ne contenait d'or que le cinquième de son poids; il est pourtant classé parmi les pièces d'or par tous les savants numismates [8] . On peut donc supposer que le besant staurat arménien était une petite pièce d'or, ou une pièce, comme celle de Chypre, faite avec un alliage d'or et d'argent. Jusqu'à présent on n'en a retrouvé ni en or, ni en argent. Il ne faut pas s'en étonner, car nous n'avons pas retrouvé non plus les anciennes pièces d'argent, les drachmes des Croisés, dont il n'est pas possible de contester l'usage. Toutefois tout ce que rapporte le roi Héthoum et la fréquente citation du besant arménien, dans les actes de comptes et de marchés, prouvent clairement que c'était réellement une monnaie courante et non pas une monnaie nominale. Peut-être était-ce cette pièce rouge, que les Egyptiens trouvèrent par centaines de mille, à la prise de Sis, en 1266, dans le trésor secret de Héthoum.

Comme le besant de Chypre, le Staurat arménien se divisait, probablement, en 22 Carats. Un contrat passé avec les Génois et signé à Ayas le 27 novembre, 1279, dit: «bissantios sexingentos octuaginta, charatos viginti unum Sarracinales de Armenia» [9] .

Le demi-besant d'argent staurat me semble une grosse pièce d'argent (voir le 11; qui fut frappée au nom de Léon II et qui valait 1, 13. Le fac-simile que nous en donnons, montre une pièce assez bien conservée, mais elle est trouée et ne pèse que 5 grammes: c'est le poids du franc. Cette monnaie, neuve ou en bon état, valait plus d'un franc, quoiqu'elle ne fût pas d'argent aussi pur que la pièce d'un franc; le sol de Chypre valait un peu plus.

Après la pièce d'or et le besant sarrasin arménien, cités dans les actes et feuilles de compte, venait le nouveau dram arménien, qui devait valoir la moitié de la pièce que nous venons de décrire, avec le format et le poids des monnaies reproduites dans notre planche, (N° 4, 5, 6 et 9), il ne valait peut-être que 57 centimes; son nom fait voir que ce drachme fut frappé dans les derniers temps, et c'est pour cela que la monnaie précédente s'appelait vieille monnaie. Mais comme les pièces d'argent les plus anciennes de Héthoum I er et de Léon II sont de même dimension que ces derniers drams, je ne saurais préciser à quelle époque on commença à distinguer ces deux monnaies et à nommer celle qui nous occupe, nouveau-dram arménien; je n'en trouve le nom pour la première fois que dans la traduction des Assises d'Antioche par notre connétable Sempad, c'est-à-dire dans la seconde partie du XIII e siècle.

Les monnaies les mieux conservées sont celles de Léon I er et de Héthoum (avec Zabel et le sultan); elles pèsent 2, 900 gr. Sempad nous dit qu'à cette époque trente-six sols faisaient quarante-quatre nouveaux-drams. Donc le nouveau-dram valait les 9 / 11 du sol. Mais il reste à savoir de quel sol Sempad a voulu parler: est-ce de celui de Chypre ou du sol tournois qui valait à peu près 90 centimes [10] .

Dans quelques actes commerciaux génois, signés à Famagouste en Chypre, pendant les années 1299 et 1300, le nouveau-dram arménien est compté pour un peu plus que le quart du besant arménien, car 100 nouveaux drams arméniens équivalaient à 27 besants de Chypre, et 6, 157 drams à 1, 708 besants. On peut par se faire une idée de la pureté de l'argent arménien de cette époque, puisqu'il avait plus de valeur que celui de Chypre; et si, comme nous l'avons déjà dit, le besant valait 2 fr. 40, (ou 2 fr. 87, selon Mas-Latrie), notre nouveau-dram qui en était le quart, devait valoir environ 60 centimes.

Toutefois d'après ce qu'on nous dit de cette monnaie, nous voyons que sa valeur et son poids variaient suivant les circonstances et l'époque, selon le titre de l'alliage avec lequel elle était frappée; ainsi les contrats ou actes les plus anciens des Génois, en 1274, nous apprennent que le besant-sarrasin valait à peu près 8 nouveaux-drams. «Computato quolibet Bisancio in Daremos octo Novos, minus denariis quatuor». Si le besant sarrasin valait 9 francs, comme nous l'avons vu plus haut, et équivalait à 8 nouveaux-drams comme il vient d'être dit, le nouveau-dram valait donc 1 fr. 12 et une petite fraction, c'est-à-dire un demi-besant arménien.

La même année, les Génois, dans un de leurs actes, confrontant le nouveau-dram avec leurs pièces d'argent, disent que 177 nouveaux-drams valent 200 soldi ou 10 lires. Quelques années après, le 10 mars 1279, 702 nouveaux-drams arméniens sont évalués 78 besants-sarrasins de la Syrie, c'est-à-dire qu'un besant égalait 9 nouveaux-drams. La même chose est confirmée par un autre acte de la même année, qui dit que 12, 000 nouveaux-drams égalent 1333 besants sarrasins et 8 carats. Ceci nous fait voir encore que le besant égalait 9 nouveaux-drams; donc cette nouvelle monnaie équivalait à 1 franc juste.

Quelques mois après, un nouvel acte portant la date du 10 mai 1279, rapporte qu'il fallait 10 nouveaux-drams, au lieu de 9, pour un besant. Vingt ans plus tard, un vénitien venu à Ayas pour y acheter du coton et du gingembre pour 11, 024 nouveaux-drams, dit que cette somme équivalait à 1, 102 besants-sarrasins, dont chacun équivalait à 10 nouveaux-drams, et par conséquent ce dernier à 90 centimes.

En 1284, la République de Venise, ne considérait pas seulement le besant comme valant moins que 10 nouveaux-drams, mais même moins que 9 nouveaux - drams; le nouveau-dram était donc devenu le 1 / 8 du besant. Un acte de cette même année compte 600 nouveaux-drams comme équivalant à 75 besants-sarrasins.

Cinq ans après, en 1289, la même République de Venise donnait à 35 de ses soldi la valeur de 10 nouveaux-drams, c'est-à-dire que chacune de ces dernières pièces valait 1 fr. 05 [11] . Puis cette même République compta le besant comme valant 10 drams arméniens ou 32 de leurs soldi. Ainsi donc le nouveau dram ne valait déjà plus que 0, 95 ou 0, 96. Quelques-années plus tard, 12 nouveaux drams équivalaient à 32 soldi, la valeur du nouveau-dram était donc tombée à 0, 80. En 1316, le sénat décréta [12] que 12 nouveaux-drams seraient acceptés pour 30 soldi, ce qui fit encore descendre le nouveau-dram à 0, 75. A partir de cette époque la valeur de cette pièce tomba de plus en plus, à cause des crises politiques de l'Arménie, en butte aux coups des Egyptiens, et à cause de la ruine d'Ayas. Elle arriva à ne plus valoir que 0, 57, à peu près la moitié de sa valeur primitive.

Le lecteur s'apercevra bien, que dans tous ces actes, comptes et traités de commerce, comme aussi dans les décrets du sénat de Venise le besant dont il est question n'est pas celui des Arméniens, le besant staurat, mais bien le besant-syrien ou le besant-sarrasin. Je trouve une dernière citation de notre besant chez nos auteurs, dans un privilège accordé en 1288 par Léon II. Dans les chroniques étrangères, c'est en 1279 que notre besant est cité pour la dernière fois. C'est aussi cette même années j'en juge du moins par les ouvrages qui me sont connus [13] , qu'il est parlé pour la première fois de la dernière monnaie en cours chez les Arméniens: la Takvorine ou monnaie royale.

La tàkvorine, cette dernière souveraine des maisons de banque et de trafic de la ville d'Ayas, citée dans les livres des auteurs arméniens, mais seulement, dans les traductions des chrysobulles de nos derniers rois, l'on trouve écrit plus correctement Tacorin, est souvent appelée aussi dans les feuilles de comptes et par Pegolotti: Taccolino. Les Arabes l'ont connue sous le nom de: El Takfourié, التاقفوريه. Sa valeur se rapprochait alors de celle du real espagnol. C'est sous le nom de takfourié que le sultan d'Egypte exigeait de Léon II, en 1285, le tribut annuel de 500, 000 pièces, au dire de l'historien Macrizi. Le traducteur de ce dernier, le français Quatremère, croit que cette somme correspondait à 700, 000 francs. Cette comparaison concorde avec la valeur de 1 fr. 05, attribuée au nouveau-dram, par les Vénitiens et les Génois, pendant cette même année, mais la takvorine valait sûrement moins que le nouveau-dram, avec lequel elle est citée dans les feuilles de comptes. Dans l'une de ces dernières, écrite en 1307, 100 takvorines sont évaluées à 77 nouveaux-drams, c'est-à-dire que la takvorine vaut quelque chose de plus que les deux tiers du nouveau-dram. Si donc celui-ci valait alors 0, 80, la takvorine devait valoir 0, 62. C'est ce qu'on trouve aussi dans un protocole des délibérations du sénat de Venise, en 1333. Comparées aux monnaies vénitiennes, 13 takvorines équivalent à 12 grosses [14] ; or, comme le grosse équivalait à 1 / 18 de ducat d'or de 12 francs, c'est-à-dire à 0, 66; on aura donc pour la valeur de 12 grosses: 12x0, 66=7, 92: ce qui divisé par 13=60 12 / 13, donc la takvorine valait à peu de chose près 0, 61; c'est-à-dire, comme nous 1'avons vu plus haut, le quart d'un besant staurat arménien. D'après le rapport de Pegolotti, on peut supposer que de son temps, c'est à dire vers la fin de 1339, la takvorine était une petite pièce qui valait le 1 / 10 du besant grec [15] . Le même auteur nous dit encore, qu'un marc arménien contenait 8 onces d'argent pur, avec lequel l'hôtel des monnaies fabriquait 91 takvorines. Quant aux autres marcs des différentes nations, ils fournissaient 109 et même 115 takvorines, c'est-à-dire un cinquième de plus que le marc arménien; et, comme ordinairement un marc de ce temps-là correspondait à 59 ou 60 francs, si nous prenons le minimum de la valeur intrinsèque des takvorines chacune de ces pièces correspondrait à 53 centimes.

Ce résultat semble confirmé par un fait historique. En 1323, le sultan d'Egypte, après avoir ruiné Ayas, imposa aux Arméniens un tribut de 1, 200, 000 pièces; et, comme la pièce qui avait cours alors était la takvorine, les Occidentaux et le pape Jean XXII, dans leurs lettres, réduisent cette somme à 50, 000 florins d'or; ce florin équivalait donc à 24 takvorines; comme il valait 12 francs, cette dernière valait donc un demi-franc. Dans un ordre et une lettre authentique datés du 17 juin 1333, le Doge de Venise, mande à son ambassadeur auprès du roi Léon, de prier ce dernier de bien vouloir accepter le ducat d'or pour 24 takvorines, à cause du manque d'argent, la takvorine ne valait donc plus qu'un demi-franc, si l'on compte le ducat pour 12 francs [16] .

Les pièces d'argent qu'on a trouvées aux noms de nos derniers rois, sont assurément des takvorines. Ces pièces sont défectueuses soit dans leur poids, soit dans leur format et contiennent moins d'argent que les monnaies correspondantes de nos premiers rois qui sont plus pures. Le . 8 de notre planche, représente une pièce d'argent plus petite, portant les noms de Héthoum et de Zabel. Elle paraît valoir un demi-dram ou un huitième de besant staurat. Elle porte en effet, sur sa face, une croix que tient le lion dans sa patte. Elle pèse 1 gr. 50 et pouvait valoir environ 30 centimes comme le soldo du ducat vénitien.

Pour en finir avec la takvorine, je rappellerai encore que, dans le même décret de l'an 1279, année il est parlé pour la première fois de la takvorine, les deux noms de dram et de takvorine se trouvent joints ensemble, l'un qualifiant l'autre: «Habuit a me... daremos quindecim tacorinos ». Ajoutons encore que Pegolotti croit que la takvorine équivalait à l'aspre [17] de Tabris qui était le 1 / 6 du besant de cette capitale de l'Aderbedjan, et comme cette petite pièce était, dans les derniers temps, très répandue dans le commerce à Ayas, on peut se faire une idée de la quantité de takvorines mises en circulation [18] .

On retrouve de grandes et de petites pièces de bronze de Sissouan. Les plus grandes, comme poids et comme format, sont presqu'aussi grandes que les pièces de deux sous modernes, cependant elles sont plus minces. Les meilleurs spécimens, que nous possédons pèsent 6 grammes 600, tandis que la pièce de deux sous pèse 7 gr. 700. Les Occidentaux donnaient le nom de Carats à leurs pièces de bronze ainsi qu'aux nôtres; nos ancêtres les appelaient Kardèze  քարտէզ. C'est le nom que leur donne Sempad dans ses Assises, il les compare avec d'autres pièces et dit: «18 kardèzes font un sol et demi»; donc le sol équivalait à 12 kardèzes et chaque kardèze à un denar, դենար, arménien, denier des Français, qui valait 0, 05 ou 0, 04 4 / 5. Le nouveau dram des Arméniens se divisait en 12 kardèzes. En 1279, à Ayas, un Génois écrivait dans son testament: «Confiteor me habere in pecunia numerata Daremos mille sexcentos decem et octo, et Denarios decem et dimidum novos de Armenie»; c'est-à-dire des kardèzes arméniens. On appelait encore cette petite monnaie: Siliqua, ou comme les Arabes, Kharoub, au pluriel: Kharerib; c'est le Cherate grec, dont les Latins ont tiré leur Cratonia, (noyau de caroube). Les Occidentaux ont fait du mot arabe leur mot Charublos ou Karubius, par abréviation Chros, que l'on trouve dans un acte relatif aux Génois, portant la date de 1271 et dans lequel il est dit que ces derniers volèrent à Coricus 22, 797 besants et 7 Chros. De même le privilège arménien de Léon II, en 1288, porte: քր. kr. (kardèze), que la traduction latine a rendu par Karubius et quelquefois aussi à tort par deremos.

La takvorine se divisait en 10 deniers, selon Pegolotti, ce qui prouve une fois de plus que la takvorine était les 5 / 6 de la monnaie nouvelle qui se composait de 12 deniers. En regardant cette dernière et la takvorine comme 60 ou 50 centimes il faut tenir le kardèze, comme valant à peu près 5 centimes et par conséquent la grande pièce de bronze (n°. 12 de notre pl. ) pour un double kardèze. Mais si nous prenons le dram pour un demi-besant, il faut prendre aussi le kardèze pour 10 centimes.

Il existe encore d'autres petites pièces de bronze: des quarts de kardèze que nous appelons pogh, ( փող sous). Enfin, la petite pièce de bronze de Sempad [19] , correspond au Tang des Arabes, qui se divisait en 4 roub ou raba, (voir le . 14).

Pour récapituler tout ce que nous venons de dire, je vais dresser un tableau de toutes les monnaies arméniennes avec leurs formats, poids et valeur en les comparant avec quelques monnaies étrangères; mais je fais des vœux pour que l'on puisse retrouver encore d'autres monnaies de Sissouan, et les étudier plus à fond et plus sûrement.

 

MONNAIES

POIDS EN GRAMMES 

VALEUR EN FRANCS

 

Or. - Pièce de Léon I er

7

21

 

» » »Héthoum I er, et

 

 

 

»  »  » Léon II

4, 80

15

 

» » Constantin II

3, 60

12

 

Besant-sarrasin d'Alexandrie

4, 10

14

 

»Eyoubite de Damas

4, 54

15

 

»Soury (Syrie)

3, 93

13

 

»Sarrasin d'Acre

3, 30

9

 

»Blanc de Chypre

3, 87

4, 80

 

»Sarrasin-staurat arménien

 

2, 25

 

Argent. - Le grand pogh ou le gros de Chypre

6

2, 37 ou 2, 40

Cette monnaie, contient plus de 7 / 10 d'argent pur.

Doubledram, arménien ancien

4, 65

1, 13

 

Nouveau-dram moyen

 

 

Les pièces bien conservées, sont au titre de 0, 420

jusqu'en 1316

2, 90

0, 85

 

après 1316

 

0, 75

 

plus tard

 

0, 57 ou 0, 60

 

Takvorine primitive

2, 48

0, 62

De Simoni, le savant génois, croit trouver dans la takvorine 1 / 65 de plus d'argent pur que dans la pièce de 0, 50

plus tard

 

0, 49 ou 0, 50

 

Le 1/2 dram de Héthoum et de Zabel

1, 56

0, 30

Dans cette petite pièce, l'argent est au titre de 0, 21.

Drachme des Croisés

2, 60

 

 

» petit

1, 20

 

 

Bronze. - Kardèze ou grand denier

6, 70

0, 10

 

» petit denier

 

0, 04 9 / 10

 

Pogh

 

0, 01 1 / 4

 

 

Après avoir comparé les anciennes monnaies avec les nouvelles, il nous reste à indiquer leur valeur réelle, depuis les premiers jusqu'aux derniers temps. Les économistes y ont trouvé de grandes différences, mais il faut remarquer que l'agio de l'or et de l'argent était bien plus considérable pendant le moyen âge; non parce que ces métaux précieux étaient rares, mais parce que souvent on s'en servait pour faire des vases et autres ustensiles. En revanche tous les autres objets étaient à bon marché; les prix de la nourriture, des vêtements et du reste étaient très peu élevés. Cependant tous les écrivains ne sont pas d'accord dans l'estimation, soit de la monnaie, soit des marchandises, sous le règne des Roupiniens. Quelques-uns prétendent que l'or et l'argent valaient sept fois plus qu'aujourd'hui, et ont une mauvaise opinion du prix des marchandises de cette époque. Ils disent, par exemple, que si, maintenant, avec une pièce d'or on peut acheter un quintal de blé, dans les XIII e et XIV e siècles, on pouvait en acheter sept quintaux. D'autres affirment que l'or et l'argent ne valaient alors que le double d'aujourd'hui. Dans ce cas-là, le tableau que nous avons dressé, serait assez exact.

Quoi qu'il en soit, si l'on pouvait retrouver les comptes des entrées et des sorties des marchandises, pour Ayas et pendant une année seulement, je ne doute pas qu'on ne fût très étonné. Les Archives de Venise renferment quelques pièces qui nous en donnent une idée. Un de leurs baillis, Grégoire Dolfin, écrivit, en 1312, au doge, que vingt-sept ou vingt-huit marchands de la république avaient trafiqué pour 385 ou 400 mille nouveaux-drams, et il indiquait la part de chacun prise dans ce trafic. Le même bailli nous fournit un autre exemple avec plus de détails; c'était le droit du bailli de prélever le 0, 50 pour cent; sur toutes les ventes conclues; au bout d'un an et demi, ou de deux ans au plus, il avait déjà reçu 60 lires grosses. Or, la lire grosse valait 10 ducats d'or, et le ducat, 12 francs: 10x60= 600x12=7200; il avait donc reçu 7200 francs, en percevant une demi pour cent sur le prix des ventes effectuées. D'où nous pouvons estimer que les marchandises vendues représentaient plus de deux cents fois cette valeur, c'est-à-dire 1, 440, 000 francs. Ce n'était encore que le trafic des Vénitiens; si nous y ajoutions celui de toute cette multitude de peuples que nous avons nommés déjà ailleurs, à combien de millions ne devaient pas s'élever les sommes perçues par Ayas pour les droits d'entrée et de sortie de ces quantités prodigieuses de marchandises, inscrites sur les livres de la Douane! Quelle variété de monnaies devaient être apportées à Ayas! Quelle quantité de marchandises devait s'amonceler sur les quais et dans les dépôts de cette ville [20] !

J'ai trouvé peu de notices concernant les droits et les revenus; tout ce que je cite je l'ai puisé dans le privilège de Léon II aux Génois, donné en 1288. Dans ce privilège il n'exige, pour bien des espèces de marchandises, que le seul droit de courtage, Սամսըրչէք. Les droits perçus pour les objets dont nous donnons ci-dessous la nomenclature, sont cités séparément en monnaies arméniennes.

 

Chaque cheval ou mulet (vendu et retiré) était taxé de

4 Bes. Staur.

 ne

5 nouv. drams

Bétail

3 bes. et 1 kar.

Mouton

4 kardèzes.

Peau de buffle et autres

6 »

Tonneau de vin ou d'huile

1 bes. stau.

Pièce de bois, au passage d'un fleuve

2 »

Bois, par perche

18 kardèzes

» par filakh

4 »

» par double-filakh

13 »

Charge au passage par bateau

1 / 2 besant.

 

Passage par Ayas et Gouglag.

 

Soie filée, la charge d'un chameau

25 kardèzes

Indigo, Epiceries, etc

25 »

» » la charge d'un mulet

19 »

» » » âne .

16 »

Poivre, gingembre et brésil, la charge d'un chameau

20 »

Toile des Francs, la charge d'un chameau.

20 »

» » » mulet .

15  »

» »  »  âne   .

20 »

Coton, sucre, mercure, ( կլայեկ ), bronze, corail, la charge d'un chameau.

15  »

»  mulet  .

12 »

»    »  âne

9 »

Savon, la charge d'un chameau

10 >

»    »    »   mulet

8 »

»    »    »    »   âne

7 »

Blé et orge

4 / 100   »

Fer

1 / l00  »



[1] Dans la traduction latine des chartes ce mot est souvent écrit: Winchia et quelquefois aussi par erreur: Michia.

[2] Dans un de nos livres de médecine, on lit: «Entends par litre, 120 direms». Jean d'Erzenga dit: «Le petit litre équivalait peut-être à cent drachmes», ( Դրամակշիռ ).

[3] Luc de Vanant, écrivain arménien du XVII e siècle, appelle cette pièce Zekine, Ծքին, et la dit égale à 1200 dinars. Selon les poids anciens, elle pesait 68 grains 52/67, et était le 1/67 du marc d'or, c'est-à-dire que 67 ducats d'or pesaient un mare d'or. Le marc se divisait en 8 onces = 24 dinars = 1151 carats = 4608 grains. Le nom du ducat apparaît dans notre littérature arménienne, presque dès les premiers jours de son apparition.

[4] Je crois qu'il appartient plutôt à la numismatique qu'à notre histoire, de traiter de la forme et du nombre des lettres des légendes, de l'exactitude ou inexactitude de leur orthographe ou encore des variantes que l'on rencontre dans bien des pièces. Le seul mot: Աստուծոյ, de Dieu, qu'on ne trouve que dans les monnaies de Léon, se trouve écrit de huit ou dix manières, et cela la plupart du temps, à cause, du plus ou moins de talent ou d'instruction des artisans chargés de la frappe de ces monnaies, et qui, je n'en doute pas, étaient réellement des Arméniens et non pas des Vénitiens ou des étrangers, comme on l'a prétendu. Ces derniers faisaient battre leurs monnaies à l'hôtel de la monnaie de Sis, pour leur propre compte, et l'or et l'argent leur venaient de leur patrie. Ils payaient dans ce cas un droit au trésor royal, mais si l'or et l'argent qu'ils apportaient dans notre pays n'étaient pas destinés à être convertis en monnaie, ils n'avaient plus rien à payer.

[5] Bien que cette nouveauté soit peu importante pour la numismatique, elle est assez intéressante au point de vue de l'histoire de Sissouan, car Constantin a certainement l'introduire pour une raison politique. Nous ne connaissons pas encore au juste cette raison; mais le meurtre de son prédécesseur Guy de Lusignan, (17 novembre 1344), et le fait que Constantin était d'une maison étrangère et n'appartenait pas à la famille royale, motif pour lequel Dardel l'appelle le Grand Tyran, nous font supposer qu'il eut part au complot contre Guy de Lusignan; que ses complices lui donnèrent d'abord la couronne à Tarse, et que, ce n'est que plus tard, qu'il put s'emparer aussi de Sis, la capitale.

[6] 1. LÉON, ROI DES ARMÉNIENS PAR LA PUISSANCE DE DIEU.

2. LÉON, ROI DES ARMÉNIENS PAR LA PUISSANCE DE DI(EU).

3. LÉON, ROI DES ARMÉNIENS PAR LA PUISSANCE DE D(IEU).

4. LÉON ROI DES ARMÉNIENS PAR LA PUISSANCE DE DIEU.

5. LÉON, ROI NIENS

PAR LA PUISSANCE DE D ....

6. LA PUISSANCE EST DE DIEU, HÉTHOUM ROI DES ARMÉNIENS.

7. HÉTHOUM ROI DES ARMÉNIENS.

(Voir l'inscription arabe, ci-dessus).

8. LA PUISSANCE EST DE DIEU, HÉTHOUM, ROI DES ARMÉNIENS.

9. LÉON, ROI DE TOUS LES ARMÉNIENS FAITE DANS LA VILLE DE SIS.

10. SEMPAD, ROI DES ARMÉNIENS. PAR LA PUISSANCE DE DIEU.

11. LÉON, ROI DE TOUS LES ARMÉNIENS PAR LA PUISSANCE DE DIEU.

12. LÉON, ROI DES ARMÉNIENS FAITE DANS LA VILLE DE SIS.

13. LÉON, ROI DES ARMÉNIENS FAITE DANS LA VILLE DE SISSIS.

14. SEMPAD, ROI DES ARM  .... FAITE DANS LA VILLE DE ....

15. OCHINE, ROI DES ARMÉN .... FAITE DANS LA VILLE DE SIS.

16. GUY, ROI DES ARMÉNIENS FAITE DANS LA VILLE DE SIS.

17. CONSTANTIN ROI 

FAITE DANS LA VILLE DE S...

[7] Les Occidentaux, dans leurs actes, disent également: «Besans bien pesés au droit poids d'Acre», et en latin: «Ad rectum pondus Accon».

[8] D'après l'analyse, le besant blanc de Chypre, au dire des experts, contient 3 1 / 4 d'or, 4 1 / 4 de bronze et 14 d'argent, en tout 22 carats. Le Comte de Mas-Latry, dans son histoire de Chypre, a cru que le besant de Chypre était en argent et qu'il valait 2, 37, mais M. Schlumberger et Lambros, le numismate d'Athènes, insistent pour lui attribuer une valeur double, c'est-à-dire: 4, francs 80. Or, le besant était schyate de forme, comme la pièce d'or de Byzance, et valait, au milieu du XIV e siècle, les trois quarts du ducat vénitien; en 1410, il n'en valait que le sixième et en 1489, après la prise de Chypre par les Vénitiens, il n'en valait plus que le huitième.

[9] Un autre acte génois compte le besant arménien comme équivalant à 10 soldi de leur monnaie; chaque solde pesait 2, gr. 92, et valait 62 centimes. C'était le vingtième de leur lire: la lire valait 12, fr. 45. Cependant cette comparaison nous indique un autre besant d'or arménien, dont la valeur était la moitié du ducat et du florin. Ceci est fort embrouillé et nécessiterait une étude spéciale.

[10] Le fameux Sire  de Joinville, contemporain et en même temps camarade de notre connétable Sempad, disait que le besant-sarrasin valait 10 sols et était égal à une demi-livre tournois, laquelle se divisait en 20 sols; un sol correspondait donc à 90 centimes.

[11] A cette époque et plus tard encore, le soldo d'argent valait 1 / 40 du ducat vénitien, que nous avons dit valoir 12 francs de la monnaie actuelle; donc le soldo valait 0, 30: or, 0, 30x35 donne 10, 50 qui, divisé par 10 donne 1, 05. On trouve dans un décret de la République de Venise, portant la date du 18 août: «Debeat ..... habere in Venetiis solidos 35 de uno Bisancio Sarracinato, ad Deremos decem pro Bisantio uno». Deliber. del Maggior Consiglio, Zanetta, f. ° 329.

[12] Voici le texte du décret du Sénat: «Super facto mercatorum Armenie ita deffinitum fuit quod solvebant Comuni de X Deremis pro quolibet Bizancio ad rationem de soldis 32 pro Bisancios; sic solventur de 12 Deremis pro Bisancio ad dictam rationem de Soldis XXXII pro Bizancio». Senato Misti, IV, 184.

[13] Dans une pièce écrite à Ayas le 24 février 1279, les trois espèces de monnaies qui avaient cours alors, sont désignées en même temps: le besant-staurat, le nouveau-dram et la takvorine, comme représentant le passé, le présent et l'avenir de cette ville maritime. Il est fâcheux qu'on n'y indique pas la valeur respective de ces mêmes monnaies.

[14] Car les monnaies des autres villes avec lesquelles les Arméniens étaient en relation d'affaires, sont également comparées dans le même décret du Sénat. Je crois devoir transcrire ici le passage qui s'y rapporte: «Cum sepissime questiones veniant inter patronos galearum et navium et mercatores, de restis nabulorum, et occasione mensarum; vadat Pars, quod si dictis patronis restaret aliquid habere de naulis in Constantinopoli, aut occasione mensarum, debeant recipere in solutionem Yperpera I. pro Grossis XIII + Et similiter in Tana et per totam Gazariam debeant recipere Asperos XV pro Grossos XII. Et similiter recipiant in Trapesunde Asperos cavalarios XIII pro grossis XII. Et hec scribantur Rectoribus nostris ad quod spectant, ut jus tribuant habentibus, si questio coram eos moverent.

«Capta. Et simili modo observetur in Cypro et Hermenia de nabulis et mensa, quod accipi debeant   in Cypro pro grossis XII Bisancios albos II + et in Hermenia pro grossis XII Taculinos XIII». Senato Misti, XV, f. ° 66.

[15] Ce besant paraît avoir alors diminué de valeur et être descendu à 7 francs.

[16] Committetur etiam dicto ambaxatori, quod procuret obtinere, suo posse, quod ducata auri recipientur pro Taculinis XXIV pro quolibet. Senato Misti, XVI, 14-15.

[17] La monnaie la plus courante de cette époque était l' aspre qui avait différentes valeurs selon les lieux: à Tana, (sur la mer d'Azof), elle valait 39 cent., d'après Cibrario; à Trébizonde, elle s'appelait aussi Cavalli, elle en valait 42. Celle de Tabris paraît avoir été la plus grande, bien que le décret de Venise (voir la note) dise que celle de Trébizonde valait davantage.

[18] Un marchand vénitien, nommé Servo-Dei, déclare en 1330, dans un de ses comptes, que les Arméniens lui étaient redevables, entre autres monnaies, de la somme de 46, 601 takvorines, en cinq sacs.

[19] Mekhitar Koche, qui écrivait quelques années avant le règne de Léon-le-Grand, dit, dans son code de lois, au chapitre CIV. 250, que la pièce d'or vaut 6 deniers, ou 24 tassous, ou 72 grains; c'est-à-dire que la pièce d'or se divisait en 6 deniers de 4 tassous et le tassou en 3 grains. Dans quelques manuscrits il est écrit kardèze, au lieu de denier. D'autres auteurs après Mekhitar Koche, disent que le dram, au lieu du besant, équivalait à 6 deniers. Je citerai en passant, tous les noms des monnaies en usage dans la Grande Arménie au milieu du XIV e siècle; un de  nos écrivains cite: le Pogh, փող le dram, դրամ, l' Abaghi, ապաղի, le Ghazani, ղազանի, (noms des khans Tartares); le rouge, կարմիր, et l' araphadi, արաֆատի, (?). Le même auteur cite la pièce d'or, et dit qu'elle valait 10 poghs. Dans les derniers temps, le Ghazani, était regardé comme le 1 / 14 du besant grec yperpérus. L'un de nos chroniqueurs dit en 1299: «Les Grecs ont inventé une nouvelle monnaie qu'ils nomment Ghazanine, et la monnaie du sultan n'a plus cours chez eux». Pegolotti cite la pièce d'or Casanini et dit qu'elle valait un peu moins que le ducat qui valait 28 carats, tandis que le Casinini n'en valait que 23 1 / 8.

[20] Nous n'avons pas à nous occuper ici spécialement des revenus royaux, aussi ne dirons nous seulement, d'après ce que nous savons et d'après ce qu'en ont rapporté les Occidentaux au pape, en 1325, qu'on avait établi à Sissouan une taxe personnelle: chaque homme au-dessus de 20 ans devait payer un besant sarrasin d'or. Au dire du connétable Sempad, les céréales étaient soumises à la dîme: «Les terres, dit-il, rendent un pour dix». Parmi le bétail, il ne mentionne de taxe que pour le mouton: «le Baron en reçoit un pour dix», et il ajoute en général pour toute autre marchandise: «voici l'étendue réelle des contributions; de tout ce que Dieu a donné, il (le baron) en retire le un pour cinq». Cet impôt régulier nous fait voir la régularité avec laquelle la taxe des marchandises avait été composée; car d'après les paroles du législateur: «le tarif règle tout et il appartient au roi», c'est-à-dire que ce sont les rois qui doivent l'établir. Mais de quelle manière?— «Le roi doit convoquer les gouverneurs de toutes ses provinces, et tous ses princes, chaque automne, vers la fin de l'année, afin de pouvoir se rendre compte de l'année qui vient de s'écouter, et fixer, pour l'année nouvelle, les divers tarifs des marchandises qui vont entrer dans le commerce enfin pour comparer les années de disette et les années d'abondance, afin que ni les vendeurs ni les acheteurs ne soient lésés, et que tout le pays soit équitablement administré».

Le même législateur, dit pour toutes les marchandises en général: «Il faut savoir que c'est le baron qui fixe les taxes pour les trafics et les marchandises, soit dans la ville, soit hors de la ville, leur droit payer), leur volume (ou leur quantité) et leur poids, et, enfin, tout ce qui s'y rapporte. Ce sont le duc et le Moutkhassib (l'intendant) qui exercent les poursuites si tout n'a pas été effectué régulièrement et fidèlement».