L'Armeno-Veneto. Compendio storico e documenti

Հեղինակ

Բաժին

Թեմա

COMMERCIO ARMENO-VENETO 

Soleva la Repubblica di Venezia, come sanno bene quanti si sono un poco occupati del suo commercio nel medio evo, di rigere ogni anno dal suo porto in diverse linee verso paesi com mercianti, come sarebbero Costantinopoli, Creta, Alessandria, Ci pro, l'Olanda, ecc. una flottiglia (o come si diceva una muda) di Gros lee armate, il più delle volte in numero di 3. 5. 7. e 10 e qualche volta ancora più; condotte da un Capitano generale, mentre ogni bastimento ossia galea aveva il suo proprio comandante; il quale presentatosi al governo ed autorizzato da esso, armava la sua ga lea, cioè preparava tutto l'occorrente per la navigazione, cosi la ciurma come il materiale, i mercanti e le merci. Fra questi punti di direzione delle mude, uno fu e divenne molto celebre l'Ayans zo dell' Armono-Cilicia

Parecchi sono, e forse a continaja i decreti del Senato, e del Maggior consiglio, riguardanti in diversi modi la muda armena, o separata o unita con quella di Cipro e con altre: ora comandando g'armasse la muda per l'Armenia, e s'eleggesse il capitano e i compagni, come si può vedere nei decreti (N. 253-4. 106. 123. 124. 157. 158. 162. 175. 189. 193, 198. 210. 242. 270. 249. 244. 247. 248), permettendo non rare volte alle altre navi di accompagna re le galee armate. (N. 47. 105. 122. 163. 219): ora veniva de cretato il numery, la forma, la misura delle galee e il numero dei marinai, non meno di 25 per ciascuna galea, (N. 43. 108. 112. 131. 136. 154. 166. 183. 205. 209. 236)

Nei tempi di pace due mude partivano da Venezia, l' una, e la principale, dopo la Pasqua, l' altra dopo la metà d'agosto o nel settembre; e qualche volta prima o più tardi, secondo il bisogno e le vicende politiche. (N. 20. 26. 23. 40. 110. 117. 177)

Si decretava anche la linea che avevano a percorrere le ga lee, i porti da esser toocati, le mude ohe dovevano incontrare per poi accompagnarsi loro. (N. 41. 137. 165. 174. 182. 237, 252. 270). Si parla qualche volta del volo, del carico della nave, della 

contribuzione al capitano per conto dello Stato. (N. 119. 124. 129. 160. 206. 216. 252)

Si fissava pure il tempo della dimora delle galee in cia soin porto pel quale erauo dirette, ed era ordinariamente di 15 giorni o meno, rare volte più. (N. 107. 145. 180. 201. 223 251). Ne mancano ordini per la qualità del carico, delle armature, ecc. (N. 148, 168, 186)

Sarebbe interessante senza dubbio spiegare il modo e le con dizioni del commercio dei Veneziani nell'Armeno-Cilicia, ove ab biamo veduto la serie continua dei Baili, e delle loro mude ca ricate, perchè qui sta appunto la forza delle relazioni fra le due nazioni; ma, essendo già da molti e molti trattata questa materia, e da ultimo maestrevolmente dal dottissimo bibliotecario di Stoc carda W. Heyd, gli cediamo ben volentieri questo argomento, e preghiamo i nostri lettori a rivolgersi a lui, tanto più che il nostro scopo è soltanto di pubblicare, con questo preambolo indi. spensabile, i documenti poco o nulla conosciuti sugli affari com merciali dei Veneti nel nostro paese

Abbiamo già avvertito con quanta sollecitudine e rigore venivano ordinate dalla Repubblica le varie regole per le navi o galee mercantili. Quanto alle merci, si d'esportazione che d'im portazione, che cattivano maggiormente la curiosità, essendo ri cordate nell'opera su indicata, ne citeremo solo alcune secondo i Documenti. Fra i quali uno dei più antichi e importanti, quel lo dell'anno 1283 (22 luglio), con cui si decretava la formazio ne di una Compagnia sotto la direzione del Bailo in Ayazzo, per il traffico o compera del Cotone, dei Ciambellotti & del Pepe; i quali oggetti furono sempre dei primari fra le esportazioni dei Veneti. A questa compagnia non poteva associarsi chi non con tribuisse almeno 200 bisanzi (21)

Cotone e Ciambellotti erano le principali produzioni del paese (Armeno-Cilicia), benchè vi fossero portate anche da fuori; e fino agli ultimi anni delle reciproche relazioni, se ne trova men zione: per esempio, nel 1344 un Mantovano portava di ld & Ve nezia 4000 sacchi di cotone. Una volta (nell'anno 1316) arri Vava qui un bastimento carico ugualmente di cotone, che, nel tragitto, da mare burrasco80 fu bagnato e danneggiato, cosi che si concedette di estrarlo senz'altro aggravio (90)

Erano molto ricercati anche i Tessuti di cotone, e i cosi detti Boccassini o Bucherami (Bugrans dei Francesi), sovente ricorda ti dagli scrittori di quel tempo

Più prezioso e rinnomato era il Ciambellotto o Zambellotto, fatto col pelo di una capra di razza distinta, e molto ricercato nel com mercio. Fino dai tempi remoti i Veneziani, frequentando il nostro paese, non solamente ne traevano abbondantemente la prima materia e il tessuto, ma poco a poco impararono e perfeziona rono l'arte del farli e cosi furono tassati; come si può vedere in alcuni dei Privilegi a loro concessi dai sovrani del nostro paese. Questa merce fu la principale che, anche cessato il domi nio armeno, si portasse dai nostri nazionali, nei secoli decimosesto e decimosettimo, e se ne parla sovente negli atti notarili  e in quelli dei Savi sulla Mercanzia

Come oggetto prezioso e speciale del paese una volta l'ambasciatore armeno ne portava varie pezze con altri tessuti d'oro  per regalare al Papa ; arrivate a Venezia, furono trovate nascoste  nella nave ; ma badando di chi erano e a chi destinate lui graziarono ( 323)

Di materie inorganiche e minerali che servissero di esporta  zione, si cita in uno dei Privilegi il Sale come produzione della  nostra terra, e altrove si parla del Sal Arminiago, forse Ammoniaco (317). Di metalli, Ferro e Rame, è ricco il paese. Quanto  poi a vegetabili, l'Armeno-Cilicia offriva ad esportazione oltre il  cotone, Frumento e Biade, Uva passa , Mosto e Vino, Legname Alberi di nave

Delle merci importate dai Veneti ad Ayazzo per uso dei nostri le principali erano i tessuti di varie specie, Sciamiti in oro Lane, Pannolini. È importante una ricevuta d'un certo Michele lo Tataro da Manuele ambasciatore, ossia procuratore del Re  Sembate, circa gli anni 1279-8 per nore pezze di Sciamiti in  tessuto d'oro, ognuna del valore di 800 deremi ( 275)

Non si dubita che il Vetrame e le Perle false, siccome altro  ve, s' introducessero anche nel nostro paese ; il quale poteva in  cambio offrire una buona Terra vetrina; non so per altro se messa  a profitto da' Veneziani. Questi portavano anche Legname lavorato Si conserva un elenco del 1306 di varie merci, fra le quali parecchie sorta di legni minutamente descritti per la misura ( 282) Altre volte, per la fabbrica e il restauro della residenza del Bailo si faceva portare da Venezia il legname lavorato

Il regno animale oltre la capra offriva al commercio il Cavallo, il Mulo, il Somaro; e le pelli di Bufalo erano pure portate  e vendute al Re ed ai particolari . Si veggono anche Armi nelle  vendite dei Veneziani. Così in Ayazzo, come nelle altre città frequentate a quei tempi, si faceva anche il brutto commercio de gli Schiadi. I nostri Re nei Privilegi proibiscono la vendita dei cristiani, ma permettono quella degli infedeli. Si citano, uno schiavo venduto a 200 deremi arineni, e poi battezzato; una schia va di nome Fatma venduta per 400 deremi, ambidue di Ayazzo

L'amor del guadagoo ossia l'interesse personale non si guar dava, nemmeno a quei tempi, dal far danno a quello dello stato ool contrabbando, sorpreso sovente della vigilanza degli esattori di do gana. Il contrabbandiere ora veniva punito ed ora assolto. Per que sti atti di clemenza c'erano registri chiamati delle Grazie, Libri Gratiarum, nei quali g'incontrano fatti relativi al commercio veneto-armeno. Bi perdona, per esempio, a Giustino Giustiniani nel 1313 (dic. 23) quello che doveva all'Oficio del Cattadere (80); & Tomm. Naoaclero nel 1314, (marzo 27), (84); al fabbro Tomma sino (nel 1326 febb. 26), il quale venuto da fuori e dimorante da 25 anni a Venezia, aveva impiegato argento nell' Armenia (89); a mercanti Barcellonesi (1316, giugno 16) i quali avevano portato cotone per valore di 45 lire (92); a Giov. Rubeo (1330 aprile 15) il quale aveva portato libre 300 di Pepe (301); a Lorenzo Conta reno (1330, agosto 8) per sacchi 44% di merci, li quali dioeva egli per paura degli Armeni aver nascostamente caricati (303); cosi pure a Zanino Steno (304); a Marino Capello si graziano lire 14%, di grossii per 29 sacchi di merci (305); a Gio. Dandolo (1932) il quale aveva portato 83 colli di Pellame (310); ed a Pietro Orio per i suoi tre colli (311). Convende che egual- - mente gli ufiziali di Messeterie si contentassero delle grazie fat te (10 nov. 1332) ad altri mercanti (312); e i Signori Provisori (1333, gennaio 18) rimettessero a Marco Zane la multa di 500 lire, perchè dimentico di dar malleveria per la sua galea (313); similmente a un altro (315). Jacobello Cornaro era multato dai Cat taveri perchè non aveva dato il vitto ai suoi marinai; ma perchè non aveva potuto procurargene fu graziato (18 gen. 1333), (314) Molto più indulgenti dovettero essere gli Ufficiali del Mare con Pietro Pisalo (18 mag. 1333), a cui gli Armeni avevano tronca te le mani per avere egli secondata la fuga d'un carcerato, e il quale portava adesso a Venezia legoa obe naturalmente non potendo lavorare egli stesso, doveva cedere ad altri (316). Fu graziato anche Jacobollo Trevisan (1333 Febb. ) a portar frumento da Poglia; perchè navigando da Ayazzo fu depredato da' Ge novesi (318). Perdonarono anche gli Uniciali del Lepanto ai loro debitori di dazio (317), e a quelli che non mostrarono i qua derni delle galee (320); siccome fu ordinato in seguito all'amba sciatore armeno per i doni che portava al Papa. Furono pure graziati i commmissari di Pietro Gisi morto in Ayazzo (1330, i quali avevano condotto di a Venezia uno scrigno di cendali, unum Scrineum do Cendadis, dal valore di 32 lire de gros si (202)