COMMERCIO 
   
    ARMENO-VENETO 
  
 
   
    Soleva 
   
    la 
   
    Repubblica 
   
    di 
   
    Venezia, 
   
    come 
   
    sanno 
   
    bene 
   
    quanti 
   
    si 
   
    sono 
   
    un 
   
    poco 
   
    occupati 
   
    del 
   
    suo 
   
    commercio 
   
    nel 
   
    medio 
   
    evo, 
   
    di 
   
    rigere 
   
    ogni 
   
    anno 
   
    dal 
   
    suo 
   
    porto 
   
    in 
   
    diverse 
   
    linee 
   
    verso 
   
    paesi 
   
    com 
   
    mercianti, 
   
    come 
   
    sarebbero 
   
    Costantinopoli, 
   
    Creta, 
   
    Alessandria, 
   
    Ci 
   
    pro, 
   
    l'Olanda, 
   
    ecc. 
   
    una 
   
    flottiglia 
   
    (o 
   
    come 
   
    si 
   
    diceva 
   
    una 
   
    muda) 
   
    di 
   
    Gros 
   
    lee 
   
    armate, 
   
    il 
   
    più 
   
    delle 
   
    volte 
   
    in 
   
    numero 
   
    di 
   
    3.
   
    5.
   
    7. 
   
    e 
   
    10 
   
    e 
   
    qualche 
   
    volta 
   
    ancora 
   
    più; 
   
    condotte 
   
    da 
   
    un 
   
    Capitano 
   
    generale, 
   
    mentre 
   
    ogni 
   
    bastimento 
   
    ossia 
   
    galea 
   
    aveva 
   
    il 
   
    suo 
   
    proprio 
   
    comandante; 
   
    il 
   
    quale 
   
    presentatosi 
   
    al 
   
    governo 
   
    ed 
   
    autorizzato 
   
    da 
   
    esso, 
   
    armava 
   
    la 
   
    sua 
   
    ga 
   
    lea, 
   
    cioè 
   
    preparava 
   
    tutto 
   
    l'occorrente 
   
    per 
   
    la 
   
    navigazione, 
   
    cosi 
   
    la 
   
    ciurma 
   
    come 
   
    il 
   
    materiale, 
   
    i 
   
    mercanti 
   
    e 
   
    le 
   
    merci. 
   
    Fra 
   
    questi 
   
    punti 
   
    di 
   
    direzione 
   
    delle 
   
    mude, 
   
    uno 
   
    fu 
   
    e 
   
    divenne 
   
    molto 
   
    celebre 
   
    l'Ayans 
   
    zo 
   
    dell' 
   
    Armono-Cilicia. 
  
 
   
    Parecchi 
   
    sono, 
   
    e 
   
    forse 
   
    a 
   
    continaja 
   
    i 
   
    decreti 
   
    del 
   
    Senato, 
   
    e 
   
    del 
   
    Maggior 
   
    consiglio, 
   
    riguardanti 
   
    in 
   
    diversi 
   
    modi 
   
    la 
   
    muda 
   
    armena, 
   
    o 
   
    separata 
   
    o 
   
    unita 
   
    con 
   
    quella 
   
    di 
   
    Cipro 
   
    e 
   
    con 
   
    altre: 
   
    ora 
   
    comandando 
   
    g'armasse 
   
    la 
   
    muda 
   
    per 
   
    l'Armenia, 
   
    e 
   
    s'eleggesse 
   
    il 
   
    capitano 
   
    e 
   
    i 
   
    compagni, 
   
    come 
   
    si 
   
    può 
   
    vedere 
   
    nei 
   
    decreti 
   
    (N. 
   
    253-4. 
   
    106. 
   
    123. 
   
    124. 
   
    157. 
   
    158. 
   
    162. 
   
    175. 
   
    189. 
   
    193, 
   
    198. 
   
    210. 
   
    242. 
   
    270. 
   
    249. 
   
    244. 
   
    247. 
   
    248), 
   
    permettendo 
   
    non 
   
    rare 
   
    volte 
   
    alle 
   
    altre 
   
    navi 
   
    di 
   
    accompagna 
   
    re 
   
    le 
   
    galee 
   
    armate. 
   
    (N. 
   
    47. 
   
    105. 
   
    122. 
   
    163. 
   
    219): 
   
    ora 
   
    veniva 
   
    de 
   
    cretato 
   
    il 
   
    numery, 
   
    la 
   
    forma, 
   
    la 
   
    misura 
   
    delle 
   
    galee 
   
    e 
   
    il 
   
    numero 
   
    dei 
   
    marinai, 
   
    non 
   
    meno 
   
    di 
   
    25 
   
    per 
   
    ciascuna 
   
    galea, 
   
    (N. 
   
    43. 
   
    108. 
   
    112. 
   
    131. 
   
    136. 
   
    154. 
   
    166. 
   
    183. 
   
    205. 
   
    209. 
   
    236). 
  
 
   
    Nei 
   
    tempi 
   
    di 
   
    pace 
   
    due 
   
    mude 
   
    partivano 
   
    da 
   
    Venezia, 
   
    l' 
   
    una, 
   
    e 
   
    la 
   
    principale, 
   
    dopo 
   
    la 
   
    Pasqua, 
   
    l' 
   
    altra 
   
    dopo 
   
    la 
   
    metà 
   
    d'agosto 
   
    o 
   
    nel 
   
    settembre; 
   
    e 
   
    qualche 
   
    volta 
   
    prima 
   
    o 
   
    più 
   
    tardi, 
   
    secondo 
   
    il 
   
    bisogno 
   
    e 
   
    le 
   
    vicende 
   
    politiche. 
   
    (N. 
   
    20. 
   
    26. 
   
    23. 
   
    40. 
   
    110. 
   
    117. 
   
    177). 
  
 
   
    Si 
   
    decretava 
   
    anche 
   
    la 
   
    linea 
   
    che 
   
    avevano 
   
    a 
   
    percorrere 
   
    le 
   
    ga 
   
    lee, 
   
    i 
   
    porti 
   
    da 
   
    esser 
   
    toocati, 
   
    le 
   
    mude 
   
    ohe 
   
    dovevano 
   
    incontrare 
   
    per 
   
    poi 
   
    accompagnarsi 
   
    loro. 
   
    (N. 
   
    41. 
   
    137. 
   
    165. 
   
    174. 
   
    182. 
   
    237, 
   
    252. 
   
    270). 
   
    – 
   
    Si 
   
    parla 
   
    qualche 
   
    volta 
   
    del 
   
    volo, 
   
    del 
   
    carico 
   
    della 
   
    nave, 
   
    della 
  
 
   
    contribuzione 
   
    al 
   
    capitano 
   
    per 
   
    conto 
   
    dello 
   
    Stato. 
   
    (N. 
   
    119. 
   
    124. 
   
    129. 
   
    160. 
   
    206. 
   
    216. 
   
    252). 
  
 
   
    Si 
   
    fissava 
   
    pure 
   
    il 
   
    tempo 
   
    della 
   
    dimora 
   
    delle 
   
    galee 
   
    in 
   
    cia 
   
    soin 
   
    porto 
   
    pel 
   
    quale 
   
    erauo 
   
    dirette, 
   
    ed 
   
    era 
   
    ordinariamente 
   
    di 
   
    15 
   
    giorni 
   
    o 
   
    meno, 
   
    rare 
   
    volte 
   
    più. 
   
    (N. 
   
    107. 
   
    145. 
   
    180. 
   
    201. 
   
    223 
   
    251). 
   
    Ne 
   
    mancano 
   
    ordini 
   
    per 
   
    la 
   
    qualità 
   
    del 
   
    carico, 
   
    delle 
   
    armature, 
   
    ecc. 
   
    (N. 
   
    148, 
   
    168, 
   
    186). 
  
 
   
    Sarebbe 
   
    interessante 
   
    senza 
   
    dubbio 
   
    spiegare 
   
    il 
   
    modo 
   
    e 
   
    le 
   
    con 
   
    dizioni 
   
    del 
   
    commercio 
   
    dei 
   
    Veneziani 
   
    nell'Armeno-Cilicia, 
   
    ove 
   
    ab 
   
    biamo 
   
    veduto 
   
    la 
   
    serie 
   
    continua 
   
    dei 
   
    Baili, 
   
    e 
   
    delle 
   
    loro 
   
    mude 
   
    ca 
   
    ricate, 
   
    perchè 
   
    qui 
   
    sta 
   
    appunto 
   
    la 
   
    forza 
   
    delle 
   
    relazioni 
   
    fra 
   
    le 
   
    due 
   
    nazioni; 
   
    ma, 
   
    essendo 
   
    già 
   
    da 
   
    molti 
   
    e 
   
    molti 
   
    trattata 
   
    questa 
   
    materia, 
   
    e 
   
    da 
   
    ultimo 
   
    maestrevolmente 
   
    dal 
   
    dottissimo 
   
    bibliotecario 
   
    di 
   
    Stoc 
   
    carda 
   
    W. 
   
    Heyd, 
   
    gli 
   
    cediamo 
   
    ben 
   
    volentieri 
   
    questo 
   
    argomento, 
   
    e 
   
    preghiamo 
   
    i 
   
    nostri 
   
    lettori 
   
    a 
   
    rivolgersi 
   
    a 
   
    lui, 
   
    tanto 
   
    più 
   
    che 
   
    il 
   
    nostro 
   
    scopo 
   
    è 
   
    soltanto 
   
    di 
   
    pubblicare, 
   
    con 
   
    questo 
   
    preambolo 
   
    indi. 
   
    spensabile, 
   
    i 
   
    documenti 
   
    poco 
   
    o 
   
    nulla 
   
    conosciuti 
   
    sugli 
   
    affari 
   
    com 
   
    merciali 
   
    dei 
   
    Veneti 
   
    nel 
   
    nostro 
   
    paese. 
  
 
   
    Abbiamo 
   
    già 
   
    avvertito 
   
    con 
   
    quanta 
   
    sollecitudine 
   
    e 
   
    rigore 
   
    venivano 
   
    ordinate 
   
    dalla 
   
    Repubblica 
   
    le 
   
    varie 
   
    regole 
   
    per 
   
    le 
   
    navi 
   
    o 
   
    galee 
   
    mercantili. 
   
    Quanto 
   
    alle 
   
    merci, 
   
    si 
   
    d'esportazione 
   
    che 
   
    d'im 
   
    portazione, 
   
    che 
   
    cattivano 
   
    maggiormente 
   
    la 
   
    curiosità, 
   
    essendo 
   
    ri 
   
    cordate 
   
    nell'opera 
   
    su 
   
    indicata, 
   
    ne 
   
    citeremo 
   
    solo 
   
    alcune 
   
    secondo 
   
    i 
   
    Documenti. 
   
    Fra 
   
    i 
   
    quali 
   
    uno 
   
    dei 
   
    più 
   
    antichi 
   
    e 
   
    importanti, 
   
    quel 
   
    lo 
   
    dell'anno 
   
    1283 
   
    (22 
   
    luglio), 
   
    con 
   
    cui 
   
    si 
   
    decretava 
   
    la 
   
    formazio 
   
    ne 
   
    di 
   
    una 
   
    Compagnia 
   
    sotto 
   
    la 
   
    direzione 
   
    del 
   
    Bailo 
   
    in 
   
    Ayazzo, 
   
    per 
   
    il 
   
    traffico 
   
    o 
   
    compera 
   
    del 
   
    Cotone, 
   
    dei 
   
    Ciambellotti 
   
    & 
   
    del 
   
    Pepe; 
   
    i 
   
    quali 
   
    oggetti 
   
    furono 
   
    sempre 
   
    dei 
   
    primari 
   
    fra 
   
    le 
   
    esportazioni 
   
    dei 
   
    Veneti. 
   
    A 
   
    questa 
   
    compagnia 
   
    non 
   
    poteva 
   
    associarsi 
   
    chi 
   
    non 
   
    con 
   
    tribuisse 
   
    almeno 
   
    200 
   
    bisanzi 
   
    (21). 
  
 
   
    Cotone 
   
    e 
   
    Ciambellotti 
   
    erano 
   
    le 
   
    principali 
   
    produzioni 
   
    del 
   
    paese 
   
    (Armeno-Cilicia), 
   
    benchè 
   
    vi 
   
    fossero 
   
    portate 
   
    anche 
   
    da 
   
    fuori; 
   
    e 
   
    fino 
   
    agli 
   
    ultimi 
   
    anni 
   
    delle 
   
    reciproche 
   
    relazioni, 
   
    se 
   
    ne 
   
    trova 
   
    men 
   
    zione: 
   
    per 
   
    esempio, 
   
    nel 
   
    1344 
   
    un 
   
    Mantovano 
   
    portava 
   
    di 
   
    ld 
   
    & 
   
    Ve 
   
    nezia 
   
    4000 
   
    sacchi 
   
    di 
   
    cotone. 
   
    Una 
   
    volta 
   
    (nell'anno 
   
    1316) 
   
    arri 
   
    Vava 
   
    qui 
   
    un 
   
    bastimento 
   
    carico 
   
    ugualmente 
   
    di 
   
    cotone, 
   
    che, 
   
    nel 
   
    tragitto, 
   
    da 
   
    mare 
   
    burrasco80 
   
    fu 
   
    bagnato 
   
    e 
   
    danneggiato, 
   
    cosi 
   
    che 
   
    si 
   
    concedette 
   
    di 
   
    estrarlo 
   
    senz'altro 
   
    aggravio 
   
    (90). 
  
 
   
    Erano 
   
    molto 
   
    ricercati 
   
    anche 
   
    i 
   
    Tessuti 
   
    di 
   
    cotone, 
   
    e 
   
    i 
   
    cosi 
   
    detti 
   
    Boccassini 
   
    o 
   
    Bucherami 
   
    (Bugrans 
   
    dei 
   
    Francesi), 
   
    sovente 
   
    ricorda 
   
    ti 
   
    dagli 
   
    scrittori 
   
    di 
   
    quel 
   
    tempo. 
  
 
   
    Più 
   
    prezioso 
   
    e 
   
    rinnomato 
   
    era 
   
    il 
   
    Ciambellotto 
   
    o 
   
    Zambellotto, 
   
    fatto 
   
    col 
   
    pelo 
   
    di 
   
    una 
   
    capra 
   
    di 
   
    razza 
   
    distinta, 
   
    e 
   
    molto 
   
    ricercato 
   
    nel 
   
    com 
   
    mercio. 
   
    Fino 
   
    dai 
   
    tempi 
   
    remoti 
   
    i 
   
    Veneziani, 
   
    frequentando 
   
    il 
   
    nostro 
   
    paese, 
   
    non 
   
    solamente 
   
    ne 
   
    traevano 
   
    abbondantemente 
   
    la 
   
    prima 
   
    materia 
   
    e 
   
    il 
   
    tessuto, 
   
    ma 
   
    poco 
   
    a 
   
    poco 
   
    impararono 
   
    e 
   
    perfeziona 
   
    rono 
   
    l'arte 
   
    del 
   
    farli 
   
    e 
   
    cosi 
   
    furono 
   
    tassati; 
   
    come 
   
    si 
   
    può 
   
    vedere 
   
    in 
   
    alcuni 
   
    dei 
   
    Privilegi 
   
    a 
   
    loro 
   
    concessi 
   
    dai 
   
    sovrani 
   
    del 
   
    nostro 
   
    paese. 
   
    Questa 
   
    merce 
   
    fu 
   
    la 
   
    principale 
   
    che, 
   
    anche 
   
    cessato 
   
    il 
   
    domi 
   
    nio 
   
    armeno, 
   
    si 
   
    portasse 
   
    dai 
   
    nostri 
   
    nazionali, 
   
    nei 
   
    secoli 
   
    decimosesto 
   
    e 
   
    decimosettimo, 
   
    e 
   
    se 
   
    ne 
   
    parla 
   
    sovente 
   
    negli 
   
    atti 
   
    notarili 
   
    e 
   
    in 
   
    quelli 
   
    dei 
   
    Savi 
   
    sulla 
   
    Mercanzia. 
  
 
   
    Come 
   
    oggetto 
   
    prezioso 
   
    e 
   
    speciale 
   
    del 
   
    paese 
   
    una 
   
    volta 
   
    l'ambasciatore 
   
    armeno 
   
    ne 
   
    portava 
   
    varie 
   
    pezze 
   
    con 
   
    altri 
   
    tessuti 
   
    d'oro 
   
    per 
   
    regalare 
   
    al 
   
    Papa ; 
   
    arrivate 
   
    a 
   
    Venezia, 
   
    furono 
   
    trovate 
   
    nascoste 
   
    nella 
   
    nave ; 
   
    ma 
   
    badando 
   
    di 
   
    chi 
   
    erano 
   
    e 
   
    a 
   
    chi 
   
    destinate 
   
    lui 
   
    graziarono 
   
    ( 
   
    323). 
  
 
   
    Di 
   
    materie 
   
    inorganiche 
   
    e 
   
    minerali 
   
    che 
   
    servissero 
   
    di 
   
    esporta 
   
    zione, 
   
    si 
   
    cita 
   
    in 
   
    uno 
   
    dei 
   
    Privilegi 
   
    il 
   
    Sale 
   
    come 
   
    produzione 
   
    della 
   
    nostra 
   
    terra, 
   
    e 
   
    altrove 
   
    si 
   
    parla 
   
    del 
   
    Sal 
   
    Arminiago, 
   
    forse 
   
    Ammoniaco 
   
    (317). 
   
    Di 
   
    metalli, 
   
    Ferro 
   
    e 
   
    Rame, 
   
    è 
   
    ricco 
   
    il 
   
    paese. 
   
    Quanto 
   
    poi 
   
    a 
   
    vegetabili, 
   
    l'Armeno-Cilicia 
   
    offriva 
   
    ad 
   
    esportazione 
   
    oltre 
   
    il 
   
    cotone, 
   
    Frumento 
   
    e 
   
    Biade, 
   
    Uva 
   
    passa , 
   
    Mosto 
   
    e 
   
    Vino, 
   
    Legname, 
   
    Alberi 
   
    di 
   
    nave. 
  
 
   
    Delle 
   
    merci 
   
    importate 
   
    dai 
   
    Veneti 
   
    ad 
   
    Ayazzo 
   
    per 
   
    uso 
   
    dei 
   
    nostri 
   
    le 
   
    principali 
   
    erano 
   
    i 
   
    tessuti 
   
    di 
   
    varie 
   
    specie, 
   
    Sciamiti 
   
    in 
   
    oro, 
   
    Lane, 
   
    Pannolini. 
   
    È 
   
    importante 
   
    una 
   
    ricevuta 
   
    d'un 
   
    certo 
   
    Michele 
   
    lo 
   
    Tataro 
   
    da 
   
    Manuele 
   
    ambasciatore, 
   
    ossia 
   
    procuratore 
   
    del 
   
    Re 
   
    Sembate, 
   
    circa 
   
    gli 
   
    anni 
   
    1279-8 
   
    per 
   
    nore 
   
    pezze 
   
    di 
   
    Sciamiti 
   
    in 
   
    tessuto 
   
    d'oro, 
   
    ognuna 
   
    del 
   
    valore 
   
    di 
   
    800 
   
    deremi 
   
    ( 
   
    275) . 
  
 
   
    Non 
   
    si 
   
    dubita 
   
    che 
   
    il 
   
    Vetrame 
   
    e 
   
    le 
   
    Perle 
   
    false, 
   
    siccome 
   
    altro 
   
    ve, 
   
    s' 
   
    introducessero 
   
    anche 
   
    nel 
   
    nostro 
   
    paese ; 
   
    il 
   
    quale 
   
    poteva 
   
    in 
   
    cambio 
   
    offrire 
   
    una 
   
    buona 
   
    Terra 
   
    vetrina; 
   
    non 
   
    so 
   
    per 
   
    altro 
   
    se 
   
    messa  
   
    a 
   
    profitto 
   
    da' 
   
    Veneziani. 
   
    Questi 
   
    portavano 
   
    anche 
   
    Legname 
   
    lavorato. 
   
    Si 
   
    conserva 
   
    un 
   
    elenco 
   
    del 
   
    1306 
   
    di 
   
    varie 
   
    merci, 
   
    fra 
   
    le 
   
    quali 
   
    parecchie 
   
    sorta 
   
    di 
   
    legni 
   
    minutamente 
   
    descritti 
   
    per 
   
    la 
   
    misura 
   
    ( 
   
    282). 
   
    Altre 
   
    volte, 
   
    per 
   
    la 
   
    fabbrica 
   
    e 
   
    il 
   
    restauro 
   
    della 
   
    residenza 
   
    del 
   
    Bailo 
   
    si 
   
    faceva 
   
    portare 
   
    da 
   
    Venezia 
   
    il 
   
    legname 
   
    lavorato . 
  
 
   
    Il 
   
    regno 
   
    animale 
   
    oltre 
   
    la 
   
    capra 
   
    offriva 
   
    al 
   
    commercio 
   
    il 
   
    Cavallo, 
   
    il 
   
    Mulo, 
   
    il 
   
    Somaro; 
   
    e 
   
    le 
   
    pelli 
   
    di 
   
    Bufalo 
   
    erano 
   
    pure 
   
    portate 
   
    e 
   
    vendute 
   
    al 
   
    Re 
   
    ed 
   
    ai 
   
    particolari . 
   
    Si 
   
    veggono 
   
    anche 
   
    Armi 
   
    nelle 
   
    vendite 
   
    dei 
   
    Veneziani. 
   
    Così 
   
    in 
   
    Ayazzo, 
   
    come 
   
    nelle 
   
    altre 
   
    città 
   
    frequentate 
   
    a 
   
    quei 
   
    tempi, 
   
    si 
   
    faceva 
   
    anche 
   
    il 
   
    brutto 
   
    commercio 
   
    de 
   
    gli 
   
    Schiadi. 
   
    I 
   
    nostri 
   
    Re 
   
    nei 
   
    Privilegi 
   
    proibiscono 
   
    la 
   
    vendita 
   
    dei 
   
    cristiani, 
   
    ma 
   
    permettono 
   
    quella 
   
    degli 
   
    infedeli. 
   
    Si 
   
    citano, 
   
    uno 
   
    schiavo 
   
    venduto 
   
    a 
   
    200 
   
    deremi 
   
    arineni, 
   
    e 
   
    poi 
   
    battezzato; 
   
    una 
   
    schia 
   
    va 
   
    di 
   
    nome 
   
    Fatma 
   
    venduta 
   
    per 
   
    400 
   
    deremi, 
   
    ambidue 
   
    di 
   
    Ayazzo. 
  
 
   
    L'amor 
   
    del 
   
    guadagoo 
   
    ossia 
   
    l'interesse 
   
    personale 
   
    non 
   
    si 
   
    guar 
   
    dava, 
   
    nemmeno 
   
    a 
   
    quei 
   
    tempi, 
   
    dal 
   
    far 
   
    danno 
   
    a 
   
    quello 
   
    dello 
   
    stato 
   
    ool 
   
    contrabbando, 
   
    sorpreso 
   
    sovente 
   
    della 
   
    vigilanza 
   
    degli 
   
    esattori 
   
    di 
   
    do 
   
    gana. 
   
    Il 
   
    contrabbandiere 
   
    ora 
   
    veniva 
   
    punito 
   
    ed 
   
    ora 
   
    assolto. 
   
    Per 
   
    que 
   
    sti 
   
    atti 
   
    di 
   
    clemenza 
   
    c'erano 
   
    registri 
   
    chiamati 
   
    delle 
   
    Grazie, 
   
    Libri 
   
    Gratiarum, 
   
    nei 
   
    quali 
   
    g'incontrano 
   
    fatti 
   
    relativi 
   
    al 
   
    commercio 
   
    veneto-armeno. 
   
    Bi 
   
    perdona, 
   
    per 
   
    esempio, 
   
    a 
   
    Giustino 
   
    Giustiniani 
   
    nel 
   
    1313 
   
    (dic. 
   
    23) 
   
    quello 
   
    che 
   
    doveva 
   
    all'Oficio 
   
    del 
   
    Cattadere 
   
    (80); 
   
    & 
   
    Tomm. 
   
    Naoaclero 
   
    nel 
   
    1314, 
   
    (marzo 
   
    27), 
   
    (84); 
   
    al 
   
    fabbro 
   
    Tomma 
   
    sino 
   
    (nel 
   
    1326 
   
    febb. 
   
    26), 
   
    il 
   
    quale 
   
    venuto 
   
    da 
   
    fuori 
   
    e 
   
    dimorante 
   
    da 
   
    25 
   
    anni 
   
    a 
   
    Venezia, 
   
    aveva 
   
    impiegato 
   
    argento 
   
    nell' 
   
    Armenia 
   
    (89); 
   
    a 
   
    mercanti 
   
    Barcellonesi 
   
    (1316, 
   
    giugno 
   
    16) 
   
    i 
   
    quali 
   
    avevano 
   
    portato 
   
    cotone 
   
    per 
   
    valore 
   
    di 
   
    45 
   
    lire 
   
    (92); 
   
    a 
   
    Giov. 
   
    Rubeo 
   
    (1330 
   
    aprile 
   
    15) 
   
    il 
   
    quale 
   
    aveva 
   
    portato 
   
    libre 
   
    300 
   
    di 
   
    Pepe 
   
    (301); 
   
    a 
   
    Lorenzo 
   
    Conta 
   
    reno 
   
    (1330, 
   
    agosto 
   
    8) 
   
    per 
   
    sacchi 
   
    44% 
   
    di 
   
    merci, 
   
    li 
   
    quali 
   
    dioeva 
   
    egli 
   
    per 
   
    paura 
   
    degli 
   
    Armeni 
   
    aver 
   
    nascostamente 
   
    caricati 
   
    (303); 
   
    cosi 
   
    pure 
   
    a 
   
    Zanino 
   
    Steno 
   
    (304); 
   
    a 
   
    Marino 
   
    Capello 
   
    si 
   
    graziano 
   
    lire 
   
    14%, 
   
    di 
   
    grossii 
   
    per 
   
    29 
   
    sacchi 
   
    di 
   
    merci 
   
    (305); 
   
    a 
   
    Gio. 
   
    Dandolo 
   
    (1932) 
   
    il 
   
    quale 
   
    aveva 
   
    portato 
   
    83 
   
    colli 
   
    di 
   
    Pellame 
   
    (310); 
   
    ed 
   
    a 
   
    Pietro 
   
    Orio 
   
    per 
   
    i 
   
    suoi 
   
    tre 
   
    colli 
   
    (311). 
   
    Convende 
   
    che 
   
    egual- 
   
    - 
   
    mente 
   
    gli 
   
    ufiziali 
   
    di 
   
    Messeterie 
   
    si 
   
    contentassero 
   
    delle 
   
    grazie 
   
    fat 
   
    te 
   
    (10 
   
    nov. 
   
    1332) 
   
    ad 
   
    altri 
   
    mercanti 
   
    (312); 
   
    e 
   
    i 
   
    Signori 
   
    Provisori 
   
    (1333, 
   
    gennaio 
   
    18) 
   
    rimettessero 
   
    a 
   
    Marco 
   
    Zane 
   
    la 
   
    multa 
   
    di 
   
    500 
   
    lire, 
   
    perchè 
   
    dimentico 
   
    di 
   
    dar 
   
    malleveria 
   
    per 
   
    la 
   
    sua 
   
    galea 
   
    (313); 
   
    similmente 
   
    a 
   
    un 
   
    altro 
   
    (315). 
   
    Jacobello 
   
    Cornaro 
   
    era 
   
    multato 
   
    dai 
   
    Cat 
   
    taveri 
   
    perchè 
   
    non 
   
    aveva 
   
    dato 
   
    il 
   
    vitto 
   
    ai 
   
    suoi 
   
    marinai; 
   
    ma 
   
    perchè 
   
    non 
   
    aveva 
   
    potuto 
   
    procurargene 
   
    fu 
   
    graziato 
   
    (18 
   
    gen. 
   
    1333), 
   
    (314). 
   
    Molto 
   
    più 
   
    indulgenti 
   
    dovettero 
   
    essere 
   
    gli 
   
    Ufficiali 
   
    del 
   
    Mare 
   
    con 
   
    Pietro 
   
    Pisalo 
   
    (18 
   
    mag. 
   
    1333), 
   
    a 
   
    cui 
   
    gli 
   
    Armeni 
   
    avevano 
   
    tronca 
   
    te 
   
    le 
   
    mani 
   
    per 
   
    avere 
   
    egli 
   
    secondata 
   
    la 
   
    fuga 
   
    d'un 
   
    carcerato, 
   
    e 
   
    il 
   
    quale 
   
    portava 
   
    adesso 
   
    a 
   
    Venezia 
   
    legoa 
   
    obe 
   
    naturalmente 
   
    non 
   
    potendo 
   
    lavorare 
   
    egli 
   
    stesso, 
   
    doveva 
   
    cedere 
   
    ad 
   
    altri 
   
    (316). 
   
    Fu 
   
    graziato 
   
    anche 
   
    Jacobollo 
   
    Trevisan 
   
    (1333 
   
    Febb.
   
    ) 
   
    a 
   
    portar 
   
    frumento 
   
    da 
   
    Poglia; 
   
    perchè 
   
    navigando 
   
    da 
   
    Ayazzo 
   
    fu 
   
    depredato 
   
    da' 
   
    Ge 
   
    novesi 
   
    (318). 
   
    Perdonarono 
   
    anche 
   
    gli 
   
    Uniciali 
   
    del 
   
    Lepanto 
   
    ai 
   
    loro 
   
    debitori 
   
    di 
   
    dazio 
   
    (317), 
   
    e 
   
    a 
   
    quelli 
   
    che 
   
    non 
   
    mostrarono 
   
    i 
   
    qua 
   
    derni 
   
    delle 
   
    galee 
   
    (320); 
   
    siccome 
   
    fu 
   
    ordinato 
   
    in 
   
    seguito 
   
    all'amba 
   
    sciatore 
   
    armeno 
   
    per 
   
    i 
   
    doni 
   
    che 
   
    portava 
   
    al 
   
    Papa. 
   
    Furono 
   
    pure 
   
    graziati 
   
    i 
   
    commmissari 
   
    di 
   
    Pietro 
   
    Gisi 
   
    morto 
   
    in 
   
    Ayazzo 
   
    (1330, 
   
    i 
   
    quali 
   
    avevano 
   
    condotto 
   
    di 
   
    là 
   
    a 
   
    Venezia 
   
    uno 
   
    scrigno 
   
    di 
   
    cendali, 
   
    unum 
   
    Scrineum 
   
    do 
   
    Cendadis, 
   
    dal 
   
    valore 
   
    di 
   
    32 
   
    lire 
   
    de 
   
    gros 
   
    si 
   
    (202).